Gli alberi migliorano la qualità dell’aria che respiriamo rimuovendo ozono

Molti conoscono l’effetto benefico dell’ozono contenuto negli strati più alti e rarefatti dell’atmosfera. Lo strato di ozono nella stratosfera scherma le radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole, consentendo la vita sulla Terra. Ma altrove l’ozono può rivelarsi pericoloso. Nella bassa atmosfera (troposfera), seppur in concentrazioni bassissime (poche decine di parti per milione, cioè tre volte meno dell’anidride carbonica), l’ozono danneggia sia l’apparato respiratorio degli esseri umani che l’apparato fotosintetico delle piante.

L’ozono della troposfera trae origine prevalentemente da reazioni chimiche tra ossidi di azoto (NOx) e Composti Organici Volatili (VOC), provenienti in larga parte dalle attività umane. Come dimostrato in un recente lavoro scientifico, durante le forti restrizioni al traffico veicolare imposte dall’emergenza COVID-19 le concentrazioni di ozono nelle città sono aumentate. La ragione principale è che i blocchi della mobilità e del traffico hanno fatto calare l’emissione di ossidi di azoto – in grado di rimuovere ozono in prossimità delle sorgenti emissive (di NOx e VOC) ma, allo stesso tempo, di contribuire alla sua formazione a chilometri di distanza.

Torre sperimentale nella lecceta di Castelporziano, i flussi di carbonio e il sequestro di ozono sono misurati con tecniche micrometeorologiche.

Tuttavia, i primi dati raccolti dal CNR e dal CREA all’interno di siti sperimentali in ambienti forestali periurbani, tra cui la riserva Presidenziale di Castelporziano alle porte di Roma, mostrano una tendenza opposta: qui, anche le concentrazioni di ozono sono calate durante il lockdown rispetto alla media stagionale. Cos’è successo?

È probabile che le foreste urbane abbiano giocato un ruolo in questa peculiare dinamica. L’inverno mite e soleggiato potrebbe aver stimolato la fotosintesi dei pini domestici e delle altre specie sempreverdi, potenziando l’assorbimento dei gas atmosferici da parte delle foglie. L’ozono, una volta penetrato attraverso gli stomi nel tessuto fogliare, reagisce con le pareti cellulari e con un pool di sostanze antiossidanti fino a scomparire completamente, come discusso in una recente review.

Le foreste quindi, ricche di biomassa fotosintetizzante, possiedono un’elevata capacità di sottrarre ozono dall’aria che respiriamo, migliorando la nostra salute. Come possiamo assicurarci che in futuro continuino a fornirci questo importante servizio ecosistemico?

Innanzitutto, assicurandoci che le foreste esistenti mantengano un buono stato di salute, proteggendole dagli stress ambientali e climatici sempre più frequenti. In secondo luogo, piantando più alberi e incrementando l’estensione delle foreste urbane, seguendo alcune raccomandazioni: scegliere specie vegetali adatte al luogo d’impianto (il luogo giusto per l’albero giusto), con un’ampia area fogliare (in grado di massimizzare l’assorbimento) e che non emettano VOC (che contribuiscono alla formazione di ozono); pianificare in anticipo gli interventi selvicolturali post-impianto (per favorire il raggiungimento della piena maturità degli alberi garantendo la sicurezza dei cittadini) programmando la pronta sostituzione degli alberi giunti alla fine del proprio ciclo vitale.

Silvano Fares

Processi che contribuiscono alla formazione e alla deposizione di ozono. Figura tratta dal lavoro di Clifton et al.

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Dirigente di ricerca presso il CNR - IBE (Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per la BioEconomia). Consigliere scientifico del CREA - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Roma). Laureato in Scienze Forestali e ambientali presso l`Università della Tuscia, Viterbo, ha svolto un dottorato di ricerca in Ecologia Forestale presso il CNR-IBAF (Roma) ed un periodo di ricerca presso l`Università di Berkeley (California, USA). Con competenze in ecofisiologia vegetale e risposta a stress ambientali da parte di specie agrarie e forestali, Silvano Fares conduce attività di monitoraggio forestale con tecniche micrometeorologiche e svolge modellistica degli scambi gassosi tra piante ed atmosfera. Coordina progetti di rilevanza nazionale e internazionale sul monitoraggio degli ecosistemi forestali e fornitura di servizi ecosistemici da parte del verde urbano. Ha pubblicato oltre 90 articoli scientifici su riviste internazionali tra cui Nature e Science.

Silvano Fares

Dirigente di ricerca presso il CNR - IBE (Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per la BioEconomia). Consigliere scientifico del CREA - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Roma). Laureato in Scienze Forestali e ambientali presso l`Università della Tuscia, Viterbo, ha svolto un dottorato di ricerca in Ecologia Forestale presso il CNR-IBAF (Roma) ed un periodo di ricerca presso l`Università di Berkeley (California, USA). Con competenze in ecofisiologia vegetale e risposta a stress ambientali da parte di specie agrarie e forestali, Silvano Fares conduce attività di monitoraggio forestale con tecniche micrometeorologiche e svolge modellistica degli scambi gassosi tra piante ed atmosfera. Coordina progetti di rilevanza nazionale e internazionale sul monitoraggio degli ecosistemi forestali e fornitura di servizi ecosistemici da parte del verde urbano. Ha pubblicato oltre 90 articoli scientifici su riviste internazionali tra cui Nature e Science.

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