Terra Bruciata

Le conseguenze distruttive di incendi catastrofici, capaci di distruggere case e mezzi di sussistenza, conquistano i titoli delle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Ma in verità, l’attenzione scientifica si rivolge sempre più al perché i cambiamenti modificano gli incendi.

Per la rubrica #Blogosfera di questa settimana traduciamo l’articolo “Scorched Earth”, pubblicato il 22 febbraio 2024 sulla rivista Nature Plants.

È bastata una settimana dall’inizio del 2024 per far sì che i climatologi facessero il punto sull’anno precedente e confermassero ufficialmente il 2023 come l’anno più caldo mai registrato. Le temperature dell’aria sono aumentate di 1,48 °C rispetto ai livelli preindustriali, le temperature della superficie dell’oceano hanno raggiunto livelli record mentre in Nord America si sono registrati i peggiori incendi degli ultimi secoli. Per molti, gli impatti di questi incendi sono emblematici degli effetti del cambiamento climatico causato dall’uomo. Non ha stupito dunque che il cambiamento dei regimi degli incendi nei diversi ecosistemi – dalle foreste più sensibili al fuoco fino alle savane meglio adattate agli incendi – e il loro impatto sulla biodiversità e sulle persone siano stati al centro della recente conferenza della British Ecological Society a Belfast.

I regimi degli incendi sono legati sia alle variazioni stagionali della temperatura che alle precipitazioni. Nonostante la narrazione prevalente degli incendi parli sempre e solo di distruzione, il fuoco rappresenta una forza rigeneratrice per molti ecosistemi, un fattore chiave per la biodiversità, la produttività e la resilienza.

Tuttavia, nelle foreste temperate la stagione favorevole agli incendi si è allungata provocando incendi più grandi e più intensi. Inoltre, gli incendi stanno aumentando anche negli ecosistemi meno abituati a disturbi frequenti ed estremi, come le foreste tropicali. Una ricerca presentata da Jos Barlow, dell’Università di Lancaster, ha segnalato incendi senza precedenti nella foresta pluviale amazzonica provocati dalle interazioni tra il disboscamento, la frammentazione delle foreste e la siccità estrema. Gli effetti di questi incendi possono essere di vasta portata: un singolo megaincendio del 2015-2016, in coincidenza di “El Niño”, ha eliminato oltre 2,5 miliardi di alberi nella foresta amazzonica e rilasciato 495 milioni di tonnellate di carbonio nell’atmosfera.

Dall’altro lato, molti ecosistemi normalmente predisposti al fuoco stanno soffrendo di una riduzione della frequenza e della stagionalità degli incendi che causa un disallineamento tra il passaggio del fuoco e l’innesco dei processi rigenerativi. Molti saranno sorpresi di sapere che la superficie totale bruciata a livello globale è diminuita del 25% negli ultimi due decenni, come risultato dell’espansione e dell’intensificazione dell’agricoltura. Questa diminuzione si è verificata principalmente nelle praterie e nelle savane tropicali adattate al fuoco, dove avviene la maggior parte degli incendi sulla Terra. Le conseguenze di questi cambiamenti per le savane del Cerrado, in Brasile, sono state evidenziate da Alessandra Fidelis, dell’Universidade Estadual Paulista. La lotta senza quartiere agli incendi in questo ecosistema ha favorito delle specie legnose a discapito di una flora erbacea altamente biodiversa, riducendo la diversità vegetale dell’80% e influendo sulla struttura e sul funzionamento dell’ecosistema stesso.

Forest fire in British Columbia, Canada, during the 2023 fire season. Credit: Associated Press/Alamy Stock Photo

Le piante possiedono molti tratti adattativi che permettono loro di resistere e rigenerarsi dopo un incendio: ad esempio, lo spessore della corteccia delle sequoie giganti, le strutture sotterranee delle specie erbacee nelle praterie brasiliane o la rottura della dormienza a opera del fuoco negli arbusti dell’Australia occidentale. Il fatto che gli incendi di grande severità siano in aumento offre ai ricercatori l’opportunità di scoprire alcuni dei modi più straordinari in cui le piante rispondono a minacce potenzialmente devastanti. Un recente studio di Andrew Richardson e colleghi della Northern Arizona University ha scoperto che, per recuperare la vitalità delle loro chiome dopo un incendio, le sequoie attingono a riserve di carbonio vecchie di decenni o addirittura secoli, e che nuove foglie possono formarsi da gemme dormienti che hanno più di 500 anni. Tuttavia, sebbene queste affascinanti intuizioni sulla resilienza delle piante possano ispirare qualche speranza, c’è poco spazio per compiacersene.

Poiché gli obiettivi climatici sul contenimento delle emissioni di carbonio sembrano sempre più lontani, i feedback tra il cambiamento climatico indotto dall’uomo e gli incendi hanno implicazioni sostanziali per il ciclo globale del carbonio. I governi di tutto il mondo si stanno dando da fare per sviluppare politiche e pratiche efficaci nella gestione degli incendi, ma uno dei messaggi più netti emersi dall’incontro della British Ecological Society è stato che queste risposte dovrebbero essere progettate in modo specifico per ogni regione, tenendo conto delle specificità ambientali, ecologiche e sociali di ogni territorio. La ricerca condotta da Caroline Lehmann, presso il Royal Botanic Garden di Edimburgo, e da alcuni suoi collaboratori in Madagascar ha evidenziato l’importanza di considerare la complessità delle interazioni fuoco-vegetazione-paesaggio quando si sviluppano tali politiche. Per molti anni, è stato dato per scontato che la biodiversità del Madagascar fosse minacciata da incendi anomali di origine antropica. Tuttavia, Lehmann ha messo in discussione questa visione semplicistica, non avendo riscontrato alcun legame significativo tra gli incendi e la perdita di foreste tropicali. Presupposti non verificati possono portare a politiche inadeguate e persino dannose in queste regioni.

Un esempio di tali politiche inappropriate sono i divieti storici implementati dai colonizzatori europei sugli incendi culturali e sull’uso del fuoco come mezzo di sostentamento, che veniva praticato dalle popolazioni indigene per gestire ecosistemi e paesaggi in varie regioni, tra cui il Nord America e l’Australia. È sempre più riconosciuto che il fuoco fornisce servizi chiave in vari ecosistemi e può ridurre il rischio di megaincendi mantenendo aperta la vegetazione. L’integrazione degli incendi culturali nelle politiche sostenibili di gestione del fuoco – combinata con modelli predittivi e spazialmente espliciti del pericolo di incendio e con un migliore monitoraggio – può contribuire a mitigare i rischi per le persone e gli ecosistemi derivanti dal cambiamento dei regimi di incendio nell’Antropocene.


Questo pezzo è stato tradotto in italiano dalla Redazione SISEF. Leggi l’articolo originale QUI.

Se ti interessa questa tematica, non dimenticarti di dare un’occhiata alla nostra rubrica #FOCUSINCENDI.

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