Su pandemie e incendi forestali
A cura di Raffaella Lovreglio e Giuseppe Delogu
Si segnala un interessante articolo di Marc Palahi Direttore dell’Istituto Forestale Europeo pubblicato su El Pais che mette l’accento sull’emergenza sanitaria, economica e ambientale che stiamo vivendo in questo momento storico.
La crisi del coronavirus, così come le ricorrenti annate critiche degli incendi forestali che viviamo ogni anno in molte zone del pianeta, sono solo la punta dell’iceberg di una crisi molto più grande: quella del nostro sistema economico.
Un sistema che dipendente dalle risorse fossili e dalla crescita economica ad ogni costo, che non ha saputo dare valore né incorporare il capitale più importante per noi, la nostra fonte principale di benessere e salute: la natura.
La scienza è da anni che ci avverte che la perdita di biodiversità, la deforestazione e la urbanizzazione incontrollata sono correlati indirettamente con l’insorgenza e trasmissione di nuovi virus di origine animale come il COVID19 .
Questo sistema economico, nato dalla rivoluzione industriale e basato sull’uso massiccio di risorse fossili, ha determinato una crescita senza precedenti nella storia dell’umanità, ma ha anche alterato in un modo mai visto la biosfera e il clima, mettendo a rischio non solo la vita e la biodiversità del nostro pianeta ma anche lo stesso sistema economico.
Il 2020 è il punto culminante di un decennio segnato da record di temperatura, minacce di varie pandemie e catastrofi naturali, includendo in questo gli incendi forestali con una intensità ed estensioni mai visti prima in molti paesi: Australia, California, Cile, Portogallo, Grecia, Germania, Svezia.
Se la nostra economia fosse un paziente, potremmo dire che si trova in terapia intensiva e i suoi medici trattano solo i sintomi, senza capire o avere il coraggio sufficiente per trovare soluzione alle cause del problema.
Il paziente, dopo aver seguito una dieta squilibrata basata su risorse fossili per oltre 100 anni, ha guadagnato peso in modo esponenziale; negli ultimi 30 anni, il PIL e la classe media del mondo sono triplicati, mentre la povertà è stata drasticamente ridotta. Per molte aree del mondo era necessario aumentare di peso, poiché erano denutriti, ma in generale il sovrappeso ha comportato la perdita di capacità di recupero e la comparsa di malesseri acuti sotto forma di incendi boschivi, siccità, parassiti e malattie, che impediscono sempre più ai pazienti mobilità.
Riguardo al problema specifico degli incendi forestali, questi esistono da quando l’uomo lasciò le foreste per la savana, ma la loro intensificazione nell’ultimo decennio si spiega con l’accelerazione congiunta dei problemi strutturali causati dall’economia basata sui combustibili fossili.
Da un lato la crisi climatica, che possiamo percepire in particolare nelle regioni mediterranee; dall’altro un’urbanizzazione senza precedenti che ha comportato l’abbandono dell’economia rurale e una perdita generalizzata dei vincoli che ci collegano alla natura e ai suoi ritmi biologici ed ecologici.
Ma i nostri “medici”, anziché occuparsi delle cause strutturali, ogni volta somministrano sempre più calmanti sotto forma di spesa milionaria per estinguere gli incendi boschivi; essi, anziché curare il paziente, sopprimono il dolore momentaneamente però ad ampio raggio non fanno altro che peggiorare il problema strutturale (il c.d. “paradosso degli incendi” o paradosso dell’estinzione N.d.T.), dato che deviano l’attenzione (e i finanziamenti) dalle misure di prevenzione e di gestione del territorio necessari.
La soluzione agli incendi boschivi così come ad altri problemi che ogni volta di più sono evidenti (plastica negli oceani, perdita di biodiversità, cambio climatico…) passa necessariamente per un cambio di paradigma economico, cioè un cambio generalizzato di dieta della nostra economia. Passare da un’economia fossile (con appetito compulsivo) a una dieta equilibrata a base di risorse rinnovabili.
Una bioeconomia (“bio” significa vita) circolare che attragga investimenti, posti di lavoro e innovazione nel mondo rurale affinché eserciti tutto il suo potenziale per generare benessere e prosperità e, allo stesso tempo, dia soluzione per se stessa alle cause strutturali di problemi come gli incendi. Questo cambio di paradigma richiede che si spezzi la grande dicotomia che ha caratterizzato l’era industriale. Un futuro sostenibile deve essere fondato su una relazione simbiotica tra ecologia ed economia, tra l’intorno urbano e il mondo rurale e tra la tecnologia e la natura.
Le buone notizie sono che costruire dette relazioni simbiotiche attraverso una nuova bioeconomia circolare oggi è più fattibile che in passato, grazie ai grandi avanzamenti che la scienza e la tecnologia stanno sperimentando nell’ambito della biologia, delle biotecnologie, dei materiali, delle energie rinnovabili e, in definitiva, sulla base della innovazione che comporta la collaborazione tra discipline e settori dell’ambito biologico, digitale e fisico.
La sfida allora è trasformare questa realtà tecnologica in una realtà economica. Per questo sono necessarie politiche e politici validi, imprenditori e investitori che non vanno a prevedere il futuro ma che vogliono crearlo e lasciarlo affidato alle future generazioni.
Qualcuno ha detto che “gli incendi si spengono in inverno”, ora viviamo quel momento, solo ora possiamo estinguerli con una nuova economia in cui la vita con le maiuscole (VITA) sia allo stesso tempo il suo motore e motivo di esistere: BIO economia.
In Italia sono diversi i provvedimenti legislativi che vanno verso questa direzione il primo è il Decreto clima (DL 111/2019), iniziale tassello del cosiddetto Green new deal che ha come obiettivo quello di cambiare il paradigma culturale, per orientarlo verso la protezione dell’ambiente e della biodiversità. La misura normativa tenta di intervenire in molti ambiti, per dare le risposte attese in materia di acqua, agricoltura, biodiversità, costruzioni ed infrastrutture, energia, prevenzione dei rischi industriali rilevanti, salute umana, suolo ed usi correlati, trasporti.
Sono sfide che si ricollegano agli impegni internazionali e agli obblighi europei sottoscritti dal Governo italiano indicate anche nella Strategia Nazionale delle Foreste (Obiettivo B) che coerentemente con la strategia europea per la bioeconomia e lo sviluppo sostenibile e la strategia forestale europea, sottolinea che vi è la necessità di valorizzare ulteriormente il ruolo dei prodotti forestali in sostituzione di materiali non rinnovabili, per il settore delle costruzioni, dei mobili, della carta e altri impieghi industriali innovativi (bio-plastiche, bio-tessili, bio-medicinali, ecc.), per fornire energia rinnovabile (e in particolare biomassa a uso termico “a cascata”) in sostituzione dei combustibili fossili, continuando a proteggere l’ambiente, la salute umana e assicurare la circolarità dell’economia.
Info Autori
Dipartimento di Agraria, Università di Sassari