Cambiamento climatico, prevenzione  e lotta agli incendi nello spazio rurale

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Estati roventi e siccitose, ondate di calore prolungate e severe, fiumi e laghi in secca  sono il risvolto tangibile del cambiamento climatico, e si succedono con intervalli sempre più ridotti. Nei rapporti con gli incendi, esse si traducono in stagioni a rischio che iniziano precocemente e si prolungano nell’autunno  aumentando la probabilità  che si verifichino incendi estremi, che per intensità (>10.000kWm-1), velocità di propagazione (>3 kmh-1), distanza di insorgenza di fuochi secondai (> 1km), eccedono la capacità di controllo, accettata a livello internazionale nel valore di 10.00kWm-1.

A fronte di questi eventi, l’unica scelta ragionevole è quella di ritirare mezzi ed uomini ed attendere in sicurezza una finestra operativa, legata a condizioni meteo più favorevoli. Questi dati si prestano ad una duplice considerazione: i) per quanto tecnologicamente avanzato l’attuale meccanismo di difesa opera efficacemente nel primo decile dei valori di intensità; ii) i mezzi aerei non modificano la situazione poiché essi operano efficacemente entro valori di 3-5.000 kWm-1, fino ad un massimo  teorico di 10.000 kWm-1, quindi nell’ambito della capacità di controllo.

Gli eventi che superano la soglia fatidica dei 10.000 kWm-1 sono in numero ridotto ma responsabili della maggior parte dei danni. Nel periodo 2008-2017 (dati CFS) il numero totale di eventi superiori a 250 ha  (156), cioè 0.36% del totale, ha  determinato un’area percorsa totale di 86.058 ha,   cioè il 22,60% del totale delle aree percorse.  Per contrastare eventi  che eccedono la capacità di controllo, non potendo agire in termini di soppressione, l’unica possibilità è la prevenzione, rispetto alla quale in Italia lasciamo a desiderare. E’ stato detto che la prevenzione è cultura senza applausi e per questo ha poco appeal. Anche perché è difficile avere applausi per aver evitato un danno che non avviene e dunque non è visibile, quindi non è raccontabile (Intervista ad A. Miozzo, Repubblica del 5.7.2022).

Qui nascono le difficoltà: ridurre il numero di eventi significa agire sulle cause, quindi  avere una chiara dettagliata e affidabile statistica sulle cause degli incendi, oggi non più disponibile anche per via dello scioglimento del Corpo Forestale Incendi. Ciò significa non sapere attribuire a singoli o a gruppi sociali che operano al di fuori della legalità, l’insorgenza degli eventi, quindi l’impossibilità di adottare misure di attenuazione e/o contrasto ben mirate ed efficaci. Anche a livello di definizione, è errato continuare a parlare di incendi boschivi, poiché accanto alle porzioni di spazio boscato percorso dal fuoco, ve ne sono quasi altrettanto ampie di spazio agricolo e di interfaccia di vario tipo. Sarebbe decisamente più corretto definirli incendi rurali o nello spazio rurale.

In termini di prevenzione poi, è necessario ridurre il carico di combustibile presente sul territorio, operando in modo sinergico con tutti gli interventi di gestione capaci di ridurre la biomassa (che è energia accumulata) mediante cure colturali ai boschi, uso del pascolo prescritto, uso del fuoco prescritto, uso di pratiche colturali quali arature ed abbruciature oltre che la raccolta ed l’utilizzazione delle biomassa di scarto nei terreni agricoli. Fatica improba, resa difficile dalla sparizione dell’antico mosaico colturale, che opponeva all’avanzata del fuoco una varietà di forme di land-use con differente capacità di partecipare alla combustione. L’attuale tendenza alla monocultura su larga scala, sia agricola che forestale (esempio gli eucalitteti del Portogallo) favorisce la propagazione del fuoco ed il suo eventuale passaggio di comportamento in  evento estremo.

Ma operare a livello di territorio significa anche agire sulla componete umana che vi abita e lavora, trasformandola da spettatore passivo delle operazioni di spegnimento ad ausiliare esperto e consapevole della attività di estinzione. Operazione difficile considerato che lo spazio rurale è ormai saturo di situazioni di interfaccia, al cui interno una miriade di persone vive e si comporta spesso in totale, non necessariamente volontario, disprezzo delle norme di comportamento consapevole. Parlo della facilità con cui taluni usano il fuoco per ripulire terreni, o per motivi di tempo libero o di convivialità, anche se le condizioni meteo lo sconsiglierebbero. Occorre rendere tutti consapevoli che è pericoloso fare uso disinvolto di fiamme libere per il tempo libero (barbecue, lancio di piccole mongolfiere, sparo di fuochi pirotecnici) o per la gestione dello spazio da parte di quanti noi  hanno sufficiente dimestichezza con il fuoco (ripulitura di banchine stradali, eliminazione di erba secca da terreni e giardini, eliminazione di insetti e rettili..). 

I dati a nostra disposizione ci dicono che gli incendi nello spazio rurale sono il risultato di diversi fattori, sia naturali che antropici. Nelle nostre realtà nel 95% dei casi si deve all’azione dell’uomo il loro innesco, all’azione mista dell’uomo e dei fattori naturali (meteo, rilievo, esposizione, tipo di vegetazione) il loro comportamento. Agire consapevolmente sulla parte modificabile dei fattori è l’unica opzione disponibile per limitarne i danni. Affidare tutto all’attività di estinzione è una scelta parziale, che risolve soltanto la porzione di eventi meno responsabile in termini di danni, dimostrandosi inefficace a fronte degli incendi estremi, dei quali unanimemente si dice che rappresenteranno il new normal.

Info Autori

Vittorio Leone
Università della Basilicata- Commissione Nazionale Grandi Rischi ( Settore Incendi boschivi ) Dipartimento della Protezione Civile | Altri Posts

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