Se per le foreste la COP28 è andata meglio del previsto, quale bilancio per il pianeta?

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  • La COP28 di Dubai ha avuto risultati ambivalenti sia per la conservazione delle foreste che per la mitigazione dei cambiamenti climatici.
  • La decisione  finale della COP ha incluso nel testo gli obiettivi della dichiarazione di Glasgow del 2021, che invitava ad azzerare la deforestazione entro la fine di questo decennio.
  • Tuttavia, in un vertice che si è concentrato soprattutto sui combustibili fossili, i progressi sul fronte forestale sono stati pochi e non hanno comportato novità di rilievo rispetto agli accordi precedenti.

Nel complesso, i risultati per la natura e le foreste a Dubai sono stati “ambigui”, come hanno dichiarato diversi osservatori. Da un lato, il testo finale del vertice ha menzionato esplicitamente, e per la prima volta, l’obiettivo della dichiarazione della COP26 di Glasgow del 2021 di “arrestare e invertire la deforestazione e il degrado forestale entro il 2030”. I Paesi hanno inoltre assunto diversi impegni importanti per combattere la perdita di foreste attraverso l’istituzione di un meccanismo delle Nazioni Unite per facilitare i “nonmarket investments” per la conservazione delle foreste. Oltre all’obiettivo di Glasgow, la natura ha avuto un ruolo di primo piano anche nell’altro testo importante prodotto dalla COP28: il programma di lavoro sull’obiettivo globale dell’adattamento ai cambiamenti climatici. È stato dichiarato che un futuro quadro globale di adattamento dovrebbe intensificare gli sforzi per la conservazione e il ripristino della natura e che la riduzione degli impatti climatici sugli ecosistemi e sulla biodiversità dovrebbe essere uno degli obiettivi di adattamento principali.

Tuttavia, le politiche internazionali e i loro risultati non consentono ancora di raggiungere per tempo nessuno di questi obiettivi. “Sebbene garantire spazio per un obiettivo specifico sulla natura sia decisamente una vittoria, siamo spiacenti di constatare la mancanza di obiettivi misurabili per raggiungere tale obiettivo“, ha affermato la Zoological Society of London in una dichiarazione. Il vertice non ha compiuto progressi neppure per quanto riguarda i Paesi emettitori che compensano altrove le loro emissioni e che sono stati colpiti dagli scandali sulla credibilità delle compensazioni forestali delle emissioni di carbonio. Il testo finale della COP28 inoltre non ha menzionato la maggior parte degli obiettivi fissati al vertice COP15 sulla biodiversità tenutosi a Montreal nel 2023.  

L’inviato americano per il clima John Kerry durante il discorso di chiusura della COP28. Immagine di COP28
Mahmoud Khaled via Flickr.

Impegni e divieti

La COP28 è iniziata con diverse promesse di denaro per la conservazione delle foreste pluviali. Il presidente francese Emmanuel Macron si è impegnato a stanziare 100 milioni di dollari alla Papua Nuova Guinea, 60 milioni alla Repubblica Democratica del Congo e 50 milioni alla Repubblica del Congo per cercare di aumentare gli acquisti di crediti di carbonio da parte di aziende private per mantenere intatte le foreste. Il Regno Unito ha impegnato 38 milioni a favore dell’Amazon Fund, e altri 50 sono stati mesi a disposizione dalla Norvegia.

Inoltre, una coalizione che comprende gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Giappone, la Germania e altri paesi ha promosso l’edilizia a basse emissioni di carbonio, per esempio utilizzando legno ricavato in modo sostenibile. E 21 paesi hanno aderito alla “Mangrove Breakthrough”, un impegno internazionale già sottoscritto alla COP27 per ripristinare e proteggere 15 milioni di ettari di mangrovie entro il 2030. Più di 150 banche e società hanno dichiarato che avrebbero incrementato gli investimenti in nature-based solutions.

Sebbene tali impegni siano impressionanti, sono in contrasto con l’essenza del problema: il “deficit di finanziamento” da colmare per invertire la perdita di biodiversità e di natura entro il 2030 è pari a 700 miliardi di dollari all’anno, secondo una relazione di The Nature Conservancy del 2020. “Siamo ancora ben lontano dal raggiungimento dell’obiettivo”, ha dichiarato l’ONG. E in particolare, “Raggiungere la dell’agricoltura sarà la principale voce di spesa”, ha dichiarato Andrew Deutz di TNC.

Ridurre il flusso di denaro che aumenta il degrado degli ecosistemi è un compito ancora più complesso. Il Regno Unito ha compiuto un importante passo avanti al riguardo in occasione della COP28 annunciando il divieto, atteso da tempo, alla commercializzazione di olio di palma, cacao, carne bovina, cuoio e soia responsabili deforestazione illegale. “Il pubblico britannico è particolarmente sensibile a questioni come la deforestazione“, ha dichiarato Steve Barclay, ministro dell’ambiente, l’alimentazione e gli affari rural del Regno Unito per l’ambiente. “I consumatori vogliono essere sicuri che, al momento dell’acquisto, le loro sterline non stiano contribuendo alla deforestazione.” Sebbene nel 2021 il Regno Unito abbia messo nero su bianco per la prima volta un’azione contro i beni deforestation risk nell’ambito della nuova legge sull’ambiente, l’elenco di prodotti vietati è stata resa nota solo dopo l’ adozione di un divieto analogo da parte dell’Unione europea. Tuttavia, mentre l‘UE ha vietato i prodotti legati a qualsiasi deforestazione, il divieto del Regno Unito si applica solo a quelli legati alla deforestazione illegale, che è molto più difficile da determinare a partire da immagini satellitari o da altre informazioni. E non comprende mais, caffè e gomma, tutti prodotti che spesso provengono da zone dove le foreste pluviali vengono degradate. Alexandra Reid, dell’ONG Global Witness, ha dichiarato che “se la definizione di illegalità non sarà estesa alle violazioni dei diritti umani, questa legge non contribuirà a fermare la sottrazione di terreni dalle mani dei popoli indigeni”. Durante la COP28, un gruppo parlamentare bipartisan negli Stati Uniti ha riproposto un atto legislativo analogo denominato FOREST Act, che era stato respinto una prima volta nel 2021. “È davvero importante che le altre grandi economie si muovano nella stessa direzione: non si sta cercando solo di risolvere una questione commerciale, ma di stringere le maglie della rete nei confronti dei soggetti responsabili“, ha dichiarato Reid. “Altrimenti, il mercato internazionale sarà diviso in due.”

Una piantagione di gomma in Gabon. Se l’UE ha vietato del tutto i prodotti legati alla deforestazione, il divieto del Regno Unito si applica solo a quelli legati alla deforestazione illegale, che è molto più difficile da determinare dalle immagini satellitari o da altre informazioni. Immagine di jbdodane via Flickr

Controversia sul credito di carbonio

Sebbene i governi rimangano gli attori principali, molti sostenitori hanno cercato di ottenere finanziamenti privati per investire nella conservazione delle foreste attraverso l’acquisto di crediti di carbonio. La COP28 avrebbe dovuto portare avanti l’attuazione dell’articolo 6 dell’accordo di Parigi del 2015, che mira a regolamentare questo mercato – ma ha fatto registrare una battuta d’arresto.

I negoziatori non sono riusciti a concordare sulle norme dell’articolo 6.2 del Paris Rulebook, che regola gli accordi bilaterali in base a cui un aese può pagare un altro Paese per la riduzione della deforestazione, conteggiando tali sforzi nei propri obiettivi di azzeramento delle emissioni . Si sono invece fatti progressi nell’articolo 6.4, che istituisce un mercato regolamentato per i crediti di carbonio presso le Nazioni Unite, e nell’articolo 6.8, che regola i “nonmarket approaches” – essenzialmente fondi di cooperazione per la conservazione delle foreste, una decisione accolta con favore anche dagli attivisti più esigenti e dai governi più attenti al problema, come la Bolivia.

Uno dei principali punti di disaccordo ha riguardato la “prevenzione delle emissioni” e se essa debba essere considerata tra gli “assorbimenti” di carbonio che l’articolo 6 intende disciplinare. Significa, in sostanza, che un paese potrebbe guadagnare denaro per mantenere intatte le sue foreste, poiché gli alberi rimuovono carbonio dall’atmosfera. Gli scandali dello scorso anno hanno tuttavia sollevato dubbi sul fatto che tali rimozioni possano essere dimostrate in modo affidabile.

Paesi come gli Stati Uniti e i Paesi arabi hanno espresso il desiderio di entrare in questo mercato, promettendo di generare un maggior numero di finanziamenti per le foreste. Ma Kevin Conrad, direttore della Coalition for Rainforest Nations e sostenitore da tempo del quadro di cooperazione internazionale REDD+, ha affermato che questi attori non aiuterebbero le foreste. “Hanno smantellato tutte le garanzie necessarie a creare fiducia e hanno messo in piedi un sistema in cui tutto è ammesso”, ha dichiarato. “E grazie a questo Far West dove ogni cosa è lecita, il mercato volontario ha subìto un crollo dei prezzi e nessuno comprende realmente ciò che sta acquistando.”

Erika Lennon, avvocata presso il Center for International Environmental Law, ha affermato che lo stallo sull’articolo 6 ha dimostrato che i mercati del carbonio “non sono la soluzione di cui abbiamo bisogno“. “Ciò che è più necessario è un’eliminazione graduale rapida, equa e finanziata di tutti i combustibili fossili, senza scappatoie che consentano ai grandi inquinatori di continuare a emettere, compensando teoricamente le loro emissioni con azioni delocalizzate”, ha dichiarato.

Secondo i critici, anche se la vendita di un credito di carbonio consentirà di proteggere una certa area di foresta, la deforestazione rischia solo di spostarsi su un’altra area che invece non è stata protetta o finanziata. A fronte di queste controversie sui crediti di carbonio, il Brasile ha lanciato Tropical Forests Forever, un fondo fiduciario da 250 miliardi di dollari per la conservazione delle foreste tropicali. Nell’ambito di questa nuova iniziativa, i governi e le imprese donerebbero risorse a un fondo che pagherebbe ai paesi un compenso in base agli ettari di foresta primaria preservati. Se un paese diminuisce la sua superfice forestale anche solo di un ettaro, i pagamenti da parte del fondo verranno ridotti di 100 volte. “Questa è la scala di cui la natura ha bisogno“, ha dichiarato Glenn Hurowitz, amministratore delegato dell’ONG Mighty Earth.

Il Brasile ha dichiarato che il fondo Tropical Forests Forever sarà operativo entro la COP30 di Belém. Alcuni osservatori si sono chiesti se la scadenza sia realistica, e se le nazioni e le imprese saranno così ansiose di fare volontariato per un programma che non può essere contabilizzato negli impegni di azzeramento delle emissioni. “L’ Amazon Fund gode di un’eccellente reputazione e la proposta brasiliana relativa a un nuovo fondo forestale globale è una boccata di aria fresca“, ha dichiarato Ruth Davis, ex consigliera della presidenza della COP26 in materia di alimentazione e natura. “Ma non dobbiamo dare per scontato i gli investitori immetteranno denaro in un fondo che non promette una compensazione delle emissioni, né che i compensi versati  ai governi nazionali vadano realmente a vantaggio delle comunità locali.

Gli osservatori affermano che la COP30, che si terrà nel 2025 a Belém in Brasile, alle porte della foresta Amazzonica, dovrebbe essere il luogo adatto per una discussione molto più approfondita sul ruolo svolto dalla natura, che assorbe circa la metà delle emissioni di carbonio prodotte dall’uomo.

Veduta aerea della foresta pluviale del Gabon. Immagine di Rhett A. Butler/Mongabay

L’articolo originale, in lingua inglese, è disponibile al seguente link: https://news.mongabay.com/2023/12/for-forests-cop28-was-better-than-expected-but-worse-than-needed/

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