Il futuro delle foreste

Le aree boschive in Italia coprono ad oggi circa il 40% del territorio nazionale, e sono considerate la più importante soluzione basata sulla natura con cui affrontare l’emergenza climatica in atto, contribuendo alla rimozione di oltre 46 milioni di tonnellate di CO2 dall’atmosfera ogni anno. Come si evolveranno in futuro in termini di produttività e areali? Quali sono le principali vulnerabilità? E quali sono le tendenze di una delle principali minacce di questo comparto, cioè gli incendi boschivi? 

Per fare il punto sullo stato delle conoscenze relative al futuro delle foreste e rispondere a queste domande possono essere usate le ultime informazioni disponibili presentate nel “G20 Climate Risk Atlas” e nel rapporto “Analisi del rischio: i Cambiamenti climatici in Italia”, pubblicati dalla Fondazione CMCC- Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici.

I rapporti rilevano che l’Italia si è già riscaldata di oltre 1,1°C (temperatura media annua) nel periodo 1981-2010 rispetto al periodo 1971-2000. Otto dei 10 anni più caldi sono stati registrati dal 2011, con differenze medie comprese fra +1,26°C e +1,71°C. L’andamento delle precipitazioni, invece, non mostra tendenze pronunciate ma piuttosto un’elevata variabilità su scala nazionale, con una diminuzione più marcata rilevata a cavallo tra gli anni 80 e 90.  Se consideriamo uno scenario a basse emissioni (che prevede quindi netti provvedimenti in favore del clima), i modelli ci prospettano variazioni contenute per le temperature medie, intorno a +1.5°C sia entro il 2050 sia nel 2100, e un leggero aumento (+1.5%) delle precipitazioni annuali totali. Considerando invece uno scenario in cui le emissioni di gas a effetto serra sono parzialmente arginate (medie emissioni), i modelli proiettano maggiori incrementi di temperatura media (+1.9°C nel 2050 e + 2.7°C nel 2100 rispetto alla situazione attuale) e una situazione pressoché stabile (+0.4%) delle precipitazioni annuali totali. Nonostante un aumento di temperatura fino a 1.5°C possa sembrare contenuto, l’analisi delle tendenze di una serie di indicatori di estremi climatici prevede, in questo contesto, un marcato aumento della frequenza e della durata delle ondate di calore (+21% e +100%) e della siccità agricola (+35% e +14%).

Le foreste italiane saranno costrette ad adattarsi alle nuove condizioni climatiche, sia “muovendo” i loro areali di distribuzione sia modificando la loro composizione specifica. Si prevede un’espansione degli areali delle querce mediterranee, come il leccio, la roverella e il cerro (meno esigenti in termini di disponibilità idrica e più capaci di tollerare periodi siccitosi e caldi più lunghi e una progressiva diffusione delle fasce di specie termofile a bassa quota sia sulle Alpi che sugli Appennini. D’altra parte i modelli prospettano una forte riduzione di idoneità ambientale futura per il faggio europeo, soprattutto nell’Appennino centro-meridionale. Queste previsioni, sintetizzando il complesso dei vari spostamenti degli areali di distribuzione, hanno un’enorme importanza nelle strategie di pianificazione forestale future per tutelare i servizi ecosistemici forniti nella loro globalità.

L’aumento delle temperature e la riduzione delle precipitazioni medie annue, e allo stesso tempo la maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi, interagiscono con gli effetti dei cambiamenti di uso del suolo nell’esacerbare l’attuale vulnerabilità del territorio rispetto al rischio di incendi boschivi. In uno scenario a medie emissioni, si prevede per il 2050 un allungamento della stagione degli incendi dell’11% e un aumento delle giornate con pericolosità estrema di circa il 46% rispetto allo storico. Questi cambiamenti potranno rendere la vegetazione più suscettibile all’innesco e capace di sostenere incendi di grande intensità, e si potranno tradurre in un aumento delle superfici percorse dal fuoco. A cascata, ci si attende anche un incremento delle emissioni di carbonio (+1 Tg C/anno) e del particolato (+40%) dovute alla combustione del materiale vegetale, mettendoci drammaticamente in guardia rispetto alle possibili ripercussioni sulla salute umana.

Benché le foreste abbiano una naturale resilienza ai disturbi, lo scenario qui sinteticamente illustrato, l’irreversibilità e soprattutto la rapidità con cui si stanno manifestando i cambiamenti, ci impone di agire urgentemente al fine di adottare oggi strategie di adattamento. Sono quanto mai urgenti politiche forestali consapevoli degli impatti previsti e quindi capaci di consentire ai boschi di adattarsi all’emergenza climatica, in stretta sinergia con le politiche di mitigazione e integrando gli obiettivi a breve termine con quelli a medio-lungo termine. Il momento è propizio, anche grazie ad una nuova consapevolezza a livello politico e sociale su queste tematiche; ad esempio alla COP26 si è finalmente arrivati ad annunciare l’impegno di mettere fine alla deforestazione entro il 2030. Come Paese dobbiamo essere ancora più ambiziosi ed attivare immediatamente strategie innovative di pianificazione e gestione del patrimonio forestale (e non solo). Queste devono essere strettamente connesse agli obiettivi di sviluppo sostenibile e tenere in considerazione le condizioni future, per contribuire a proteggere e rafforzare la resilienza degli ecosistemi forestali ed a mitigare il rischio di incendi boschivi nel nuovo contesto che ci troveremo ad affrontare. Ciò che decidiamo ora per i nostri boschi avrà effetto nei decenni futuri, per questo motivo dobbiamo farlo prima possibile.

Info Autori

Valentina Bacciu
Ricercatrice @ Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Bioeconomia; Fondazione Centro-EuroMediterraneo sui Cambiamenti Climatici | Altri Posts
Sergio Noce
Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici – Divisione IAFES | Altri Posts
José Costa Saura
Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di Sassari; Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici – Divisione IAFES | Altri Posts
Costantino Sirca
Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di Sassari; Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici – Divisione IAFES | Altri Posts
Donatella Spano
Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di Sassari; Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici – Divisione IAFES | Altri Posts

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