Multifunzionalità forestale e modello TRIAD: un primo dibattito alla luce delle sfide del green Deal Europeo

La Strategia dell’UE per il 2030 su Biodiversità e Foreste è un pilastro del Green Deal europeo, e punta a valorizzare il carattere multifunzionale delle foreste europee attraverso il miglioramento dello stato di conservazione di habitat e specie. La Strategia prevede la protezione rigorosa del 10% degli ecosistemi terrestri, includendo tutte le foreste primarie e vetuste presenti nell’Unione Europea, e richiede misure di conservazione e ripristino su un ulteriore 20% del territorio, ampliando la rete Natura 2000.

Al tempo stesso, il consumo globale di legname da opera è previsto in crescita del 54% da qui al 2050. Come si può conciliare tale richiesta con gli obiettivi conservazionistici?

La Strategia Forestale europea fornisce una risposta solamente indicativa, suggerendo di garantire contemporaneamente le funzioni ecologiche e la produzione di legname, principalmente attraverso la selvicoltura a copertura continua, la diversificazione di struttura e composizione delle foreste, e una gestione forestale “più vicina alla natura”. 

Ma perché, mentre la Strategia Forestale si basa principalmente sul concetto di “condivisione del territorio” (land sharing), in cui le foreste vengono gestite per soddisfare contemporaneamente le esigenze prettamente conservazionistiche, la produzione di legname e gli altri servizi che il bosco può fornire, la Strategia sulla Biodiversità valorizza anche un approccio di “suddivisione del territorio” per diversi obiettivi (land sparing)?

In effetti, alcuni studi indicano che la “condivisione del territorio” può portare a un declino della biodiversità a scala regionale, in particolare per le specie che dipendono dalla presenza di foreste vetuste, ossia quelle foreste le cui dinamiche sono più coerenti con i regimi di disturbo naturali e che includono, ad esempio grandi quantità di legno morto ed alberi habitat.

Un approccio che potrebbe tener conto di questa criticità è il cosiddetto sistema “TRIAD”, ideato negli anni ’90 per essere applicato sul paesaggio forestale nord-americano, caratterizzato da ampie estensioni con condizioni ambientali relativamente omogenee. Questo sistema include sia aree di condivisione che di suddivisione del territorio, risultando in tre livelli di intensità gestionale applicati su aree diverse in base alle diverse funzioni delle foreste nell’obiettivo pianificatorio. Questo approccio potrebbe essere vantaggioso in termini di biodiversità, visto che i requisiti ambientali delle specie che caratterizzano i diversi livelli di intensità sono spesso complementari.

Una recente perspective redatta da un esteso network di ricercatori nell’ambito del progetto COST Bottoms-Up ha valutato le potenzialità di applicazione del sistema TRIAD al contesto forestale europeo, per quanto molto diverso culturalmente e geograficamente da quello nord-americano, soprattutto per quanto riguarda i sistemi forestali mediterranei. Utilizzando le banche dati nazionali sui diversi tipi di gestione forestale e sulle riserve integrali, la letteratura tecnico-scientifica e le dirette conoscenze di co-autori referenti per ciascun paese, lo studio ha quantificato quanto la selvicoltura europea sia o meno prossima al sistema TRIAD, definito attraverso semplificazioni basate sul tipo di intervento selvicolturale adottato: foreste “a protezione integrale”, completamente escluse dalle utilizzazioni forestali; foreste gestite “intensivamente”, orientate principalmente alla produzione di legname; e foreste gestite “estensivamente”, che bilanciano anche altri servizi.

L’articolo ha evidenziato che l’attuale suddivisione della gestione forestale in Europa è molto distante da una suddivisione bilanciata delle foreste nei tre livelli del modello TRIAD. I paesi dell’Europa sud-orientale (Italia compresa) adottano principalmente una gestione “estensiva” delle foreste e destinano una parte poco significativa della loro area forestale alla protezione integrale. La maggior parte dei paesi dell’Europa centrale e settentrionale dà invece priorità alla produzione “intensiva” di legname, riservando relativamente poca superficie sia alla gestione estensiva che alla protezione integrale.

Faggeta dl Cansiglio

Gli autori sottolineano come in generale vi sia una scarsa percentuale di foreste a protezione integrale (media UE: 3.6% della superficie forestale; Italia: 5% circa)  e come quelle esistenti abbiano una superficie inferiore (< 50 ha) alla area dinamica minima utile a conservare specie di interesse conservazionistico. Oltre alle numerose piccole riserve forestali integrali, che sono fondamentali per proteggere habitat e specie chiave, sono infatti necessarie anche riserve più grandi in grado di cogliere gli effetti dei disturbi naturali, che spesso risultano in nuove nicchie e spazi per la biodiversità. Inoltre, soprattutto la parte dell’Europa mediterranea è caratterizzata da un’elevata percentuale di foreste di proprietà privata, spesso frammentate in piccoli appezzamenti, molti dei quali non vengono gestiti regolarmente per la produzione di legname. Questa frammentazione della proprietà crea alcune criticità all’applicazione del TRIAD su scala regionale. 

Gli autori consigliano che le politiche volte a migliorare ed espandere la gestione estensiva, come quelle basate su principi di selvicoltura più prossima alla natura, dovrebbero seguire linee guida basate sui regimi di disturbo naturale e su valori di riferimento per il mantenimento di strutture forestali chiave per specie di interesse conservazionistico (ad esempio, la densità minima di alberi habitat ed il volume di necromassa). In tale quadro, anche i sistemi forestali coetanei possono contribuire all’emulazione delle dinamiche perturbative naturali. In realtà, sarebbero tuttavia necessarie ulteriori ricerche per quantificare l’area dinamica minima necessaria per i diversi tipi forestali europei, che attualmente è pressoché sconosciuta.

Allo stesso modo, sarebbero necessari approfondimenti per quantificare le proporzioni ottimali, la scala e la configurazione spaziale delle superfici ricadenti nei tre livelli del TRIAD, declinandole sulla base dell’estrema variabilità dei sistemi socio-ecologici delle diverse ecoregioni europee. La configurazione ottimale dei trattamenti selvicolturali dovrebbe infatti variare a seconda dei diversi modelli di proprietà forestale, nonché delle diverse esigenze economiche dei paesi, dell’intensità storica ed estensione dei disturbi forestali (naturali o selvicolturali), e delle caratteristiche di specie e habitat da preservare (es generalisti vs. specialisti forestali).

A livello italiano, il modello TRIAD potrebbe ridefinirsi nel concetto di “gestione forestale a scala di paesaggio” con una scala di applicazione regionale o sub-regionale. Questo processo, per quanto in maniera frammentata e con risvolti spesso scarsamente operativi, è già stato avviato con la redazione dei piani forestali di indirizzo territoriale (PFIT) ed i piani paesaggistici di nuova generazione in conformità al comma 3 dell’art. 6 del decreto legislativo n. 34 del 3 aprile 2018.

Riserva Integrale Sasso Fratino

Le politiche nazionali dovrebbero incoraggiare quindi i proprietari a gestire le proprie foreste attraverso una pianificazione integrata che incentivi la produzione di legname ma anche l’erogazione di molti altri tipi di servizi ecosistemici; in tal modo si produrrà un mosaico di boschi con caratteristiche eterogenee che contribuiranno alla conservazione della biodiversità a scala di paesaggio. Parallelamente, è urgente anche individuare porzioni di foreste con elevato valore conservazionistico, ad esempio quelle con pronunciate caratteristiche di vetustà, con superfici tali da essere influenzate prevalentemente da dinamiche e processi naturali, definendo per esse nuove aree a protezione integrale.

Info Autori

Giovanni Trentanovi
Researcher @ CNR-IRET |  Altri Posts
Sabina Burrascano
La Sapienza, Università di Roma |  Altri Posts
Thomas Campagnaro
Università degli Studi di Padova |  Altri Posts
Tommaso Sitzia

Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali - Produzione, Territorio, Agroenergia (DISAA)
Università degli Studi di Milano

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