LA FILIERA DEL LEGNO OGGI: quali prospettive per uno sviluppo durevole del settore

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L’industria italiana dei prodotti legnosi importa oltre l’80% delle materie prime dall’estero (dati CREA, 2019) nonostante la produzione legnosa delle foreste italiane superi in quantità quella di altri paesi europei. Questo è dovuto alla concorrenza del legname importato, reperibile in quantità elevate e a prezzi relativamente bassi.

L’approvvigionarsi di materia prima proveniente in gran parte dall’estero, ha indebolito il comparto della prima trasformazione, uno degli anelli più deboli della filiera, che risulta fortemente condizionato dalla scarsa e discontinua disponibilità di assortimenti di origine locale, e da un pregiudizio di vecchia data che fatica a valorizzare il nostro legname. Tuttavia, gli scenari economici sono in evoluzione e nel medio periodo si prospettano crescenti difficoltà nell’acquisto di legno tondo sui mercati internazionali il che obbligherà le imprese nostrane a cercare fonti di approvvigionamento alternative e a rivalutare le risorse interne. Cambiamento che deve essere visto come un’opportunità di sviluppo per trasformare il tessuto produttivo e sociale di ampi territori a vocazione forestale, con nuove prospettive per gli attori coinvolti e non come una minaccia ad un settore già da anni in stato di sofferenza e debolezza. Vi è quindi l’esigenza di uno sforzo congiunto e sistemico al fine di superare le criticità che ancora caratterizzano la scarsa integrazione di filiera, attraverso all’innovazione.

Finora infatti gli addetti ai lavori hanno per lo più reagito ai periodi di crisi in modo disorganizzato, individualmente, con una visione strategica limitata del futuro, con il risultato di non riuscire a innescare economie di scala e portando molte iniziative di sviluppo ad esaurire i finanziamenti o ad incontrare difficoltà legate al passaggio generazionale. Ma esistono anche esempi virtuosi. Per esempio la diffusione della certificazione della gestione forestale e della catena di custodia, dell’associazionismo tra proprietari forestali, tra imprese di utilizzazione e di prima trasformazione finalizzato alla realizzazione di piazzali di raccolta e selezione di tondame classificato, o ancora la condivisione di strutture produttive e impianti. Tutti passi che portano verso un’ottimizzazione della catena di fornitura, segnali di cambiamento.

Per fare il salto di qualità si deve dunque superare la radicata tendenza ad operare secondo una logica di limitate interrelazioni aziendali in quanto la competitività richiede una sempre maggiore integrazione tra le realtà imprenditoriali locali (anche artigiane) finalizzata a incrementare l’efficienza, anche in termini economici, nella gestione dei processi di approvvigionamento, produttivi e distributivi, anche attraverso l’attivazione di forme di associazionismo imprenditoriale.

A tal proposito, esistono case studies da seguire, finanziati dalle Istituzioni pubbliche di riferimento, per sopperire alla limitata disponibilità e discontinuità di legname locale, alla scarsità di impianti e attrezzature moderne, alla necessità di un adeguamento normativo per certe destinazioni finali dei prodotti, per promuovere la diversificazione produttiva e nuovi sbocchi di mercato (anche solo di nicchia) per manufatti di qualità, innescando nel contempo una serie di ricadute positive sul territorio inclusi il contrasto all’abbandono delle aree rurali e la creazione di nuove prospettive occupazionali.

È bene ricordare che, soprattutto nei periodi emergenziali le risorse di prossimità rimangono più sicure e affidabili di quelle derivanti da altre catene di approvvigionamento. Sarà dunque strategico attivare quanto detto sopra senza dimenticare che, anche nel settore forestale, la sostenibilità economica, sociale e ambientale è quella che dovrà governare il sistema, sia nel caso delle proprietà boschive che di iniziative imprenditoriali di carattere privato.   

Info Autori

Corrado Cremonini
PhD @ DISAFA, Università di Torino | Altri Posts

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