È esistita un’Età del Legno?

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Il ritrovamento della mummia di Ötzi ha descritto con precisione la capacità dell’uomo, già 5000 anni fa, di maneggiare e usare il legno in modo appropriato e competente

Nei libri di scuola, le epoche preistoriche sono divise in Età della Pietra, del Bronzo e del Ferro. Il legno non ha mai avuto un suo spazio “dedicato”. Tuttavia, la capacità di gestire il fuoco ci indica probabilmente l’inizio dell’Età del Legno; un sapere acquisito con certezza da circa 200.000 anni, attestato prima, tra 500.000 e un milione di anni fa1, in almeno una decina di siti preistorici. Inoltre, probabilmente molte delle armi e utensili preistorici arrivati fino a noi erano, almeno in parte, realizzate con questo materiale, nonostante i rari i reperti che permettono di documentarne l’impiego.

Questo è dovuto alle proprietà del legno, materiale organico e quindi degradabile che si conserva solo in condizioni di anaerobiosi (immerso in acqua o in ambienti molto umidi) o grazie ad una combustione parziale che lo trasforma in carbone. In Africa centrale sono state trovate prove di uso del legno anche per usi strutturali risalenti a 470.000 anni fa2.

Gli usi più antichi riguardano comunità di specie di ominidi oggi estinte; l’Età del Legno comincia quindi
molto tempo prima della comparsa di noi H. sapiens ed è comparabile come durata all’Età della Pietra.
In tempi e luoghi più vicini a noi, un caso unico per capire cosa significasse in passato questo materiale è costituito dalla scoperta di Ötzi, la mummia di un uomo di 5300 anni fa ritrovata a 3200 m di quota in Val Venosta.

Portamonete di Ercolano


L’ambiente di ritrovamento, un ghiacciaio, quindi umidità del 100% e temperature quasi sempre inferiori allo zero, ha permesso lo straordinario stato di conservazione di abiti ed attrezzature. A questo punto serve una precisazione: se si osserva al microscopio un campione di legno preistorico, carbonizzato o bagnato che sia, è possibile identificare la specie a cui appartiene perché, i caratteri anatomici necessari a fornirci questa informazione, sono spesso visibili come nel caso di un “legno moderno”.

In questo modo è stato scoperto che Ötzi utilizzava manufatti realizzati con sette diverse specie di legno: larice e nocciolo per lo “zaino” viburno per le frecce, tasso per l’arco e il manico dell’ascia,
frassino per il manico del coltello ed infine tiglio per il ritoccatore, strumento usato per affilare le lame3. Questo dato testimonia la profonda conoscenza delle proprietà dei diversi legni, risultato di migliaia di anni di saperi acquisiti e trasmessi di generazione in generazione.

Culla di Ercolano


Ötzi è però un caso unico; in genere i materiali più comuni che testimoniano l’uso del legno in epoche
antiche sono i frammenti di carbone, sempre abbondanti nei siti archeologici; la loro identificazione permette di ricostruire in dettaglio il paesaggio forestale circostante il sito (area di approvvigionamento di legna). Ad esempio, lo studio dei carboni provenienti da una grotta situata sulla costa del Cilento e risalenti a vari momenti dell’ultimo glaciale, ha dimostrato che quest’area è stata una importante riserva di biodiversità; le fasi più fredde erano caratterizzate da una foresta dominata da pino nero e roverella con frassino e acero, a cui verso la fine del glaciale si aggiungono tiglio, carpino e sambuco4.

L’Età del Legno si chiude quando comincia la storia scritta; e qui testi classici e reperti archeologici
concordano nel fornire l’immagine di una razionalizzazione oramai acquisita di usi specifici delle diverse
specie di legno, a cui corrispondono ben precise tipologie forestali.


1. Stepka Z, Azuri I, Horwitz L, Chazan M and Natalio F., (2022). Hidden signatures of early fire at Evron Quarry (1.0 to 0.8 Mya). PNAS, 119 (25) e2123439119, https://doi.org/10.1073/pnas.2123439119.
2. Barham L., Duller G.A.T., Candy I. et al. (2023). Evidence for the earliest structural use of wood at least 476,000 years ago. Nature 622, 107–111 (2023). https://doi.org/10.1038/s41586-023-06557-9.
3. Öeggl, K., (2009). The significance of the Tyrolean Iceman for the archaeobotany of Central Europe. Veget Hist Archaeobot 18, 1–11. https://doi.org/10.1007/s00334-008-0186.
4. Di Pasquale, G.; Saracino, A.; Bosso, et al. (2020). Coastal Pine-Oak glacial refugia in the Mediterranean basin: a biogeographic approach based on charcoal analysis and spatial modelling. Forests, 11, 673. https://doi.org/10.3390/f11060673

Info Autori

Gaetano Di Pasquale
Professore Associato @ Dipartimento di Agraria - Università Federico II, Napoli | Altri Posts

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