Le politiche di rimozione del carbonio devono considerare tutti gli effetti climatici dell’assorbimento della CO2

Le politiche di rimozione del carbonio devono considerare tutti gli effetti climatici dell’assorbimento della CO2 per raggiungere gli obiettivi climatici. È quanto suggerisce uno studio guidato dal Climate Research Lab della Simon Fraser University (Vancouver, British Columbia, Canada).

Secondo uno studio guidato dalla Simon Fraser University (SFU), la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera è essenziale per limitare il riscaldamento globale, ma può anche comportare rischi per il clima se non si considera un approccio complessivo al sistema terrestre. Alla luce di questi rischi, i ricercatori affermano che è fondamentale dare priorità alle attività di riduzione delle emissioni rispetto a quelle di assorbimento.

L’obiettivo fondamentale dell’Accordo di Parigi del 2015 – il trattato internazionale legalmente vincolante sui cambiamenti climatici – è limitare l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di +2°C rispetto ai livelli preindustriali, e di proseguire gli sforzi per restare sotto +1,5°C. Ciò richiede l’azzeramento entro il 2050 delle emissioni nette di anidride carbonica (CO2), ovvero il raggiungimento di un equilibrio tra la CO2 emessa dall’umanità e quella rimossa dall’atmosfera, insieme a profonde riduzioni delle emissioni di metano e altri gas serra. Si ipotizza che, raggiungendo tale equilibrio, il clima sarà stabilizzato entro alcuni anni o al massimo pochi decenni.

Con “rimozione del carbonio” (CDR) si intende il sequestro di CO2 dall’atmosfera attraverso attività intenzionali e il suo stoccaggio in serbatoi terrestri, oceanici o geologici. Tra gli esempi si possono citare la messa a dimora di alberi in terreni precedentemente disboscati o non forestati, il sequestro di carbonio nei terreni agricoli, la produzione di bioenergia con cattura e stoccaggio delle emissioni di carbonio, la fertilizzazione degli oceani per stimolare la loro produzione biologica, e la cattura diretta di CO2 dall’aria.

Tuttavia, “è necessario stimare l’effetto complessivo degli effetti climatici della CDR per garantire che il raggiungimento di emissioni nette zero abbia l’effetto desiderato di limitare il riscaldamento”, afferma Zickfeld, che è anche direttore del Climate Research Lab della SFU. Il suo studio, pubblicato su Nature Climate Change, invita a considerare gli effetti climatici della CDR al di là del sequestro di CO2, come quelli relativi al tempo di permanenza della CO2 negli alberi e nel suolo, ai cambiamenti nell’albedo terrestre e agli effetti degli altri gas serra emessi nell’atmosfera.

Secondo lo studio, affinché le attività di rimozione del carbonio possano bilanciare gli effetti climatici delle emissioni di CO2, è necessario uno stoccaggio permanente, il che significa che il carbonio immagazzinato deve rimanere indisturbato per centinaia o per migliaia di anni. “Il carbonio stoccato negli alberi è vulnerabile ai disturbi naturali come siccità, incendi e attacchi di insetti, che diventeranno più frequenti e severi in molte regioni del mondo a causa dell’aumento delle temperature globali. Similmente, il carbonio immagazzinato nelle praterie di alghe o nelle foreste di mangrovie può essere rilasciato in seguito a ondate di calore marine. In questo modo il carbonio già stoccato potrebbe essere riemesso troppo presto”, spiega Zickfeld.

Le attività di CDR possono anche avere un impatto sul bilancio energetico della superficie terrestre quando vengono utilizzate su larga scala, provocando i cosiddetti effetti biogeofisici. Ad esempio, la messa a dimora di alberi su larga scala in aree agricole o praterie riduce la capacità della superficie terrestre di riflettere la luce solare, con un conseguente effetto di riscaldamento. Secondo Zickfeld, quando la CDR viene utilizzata per bilanciare le emissioni di combustibili fossili, trascurare questi effetti può provocare un ulteriore riscaldamento, rischiando di compromettere il raggiungimento degli obiettivi climatici.


Link al comunicato originale: https://www.globalcarbonproject.org/global/pdf/media/NetZeroPerspective-SFU-press.pdf

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