Con una selvicoltura intelligente si può potenziare l’impatto positivo delle foreste e mitigare il cambiamento climatico

Le foreste sono fondamentali per sequestrare la CO2 e rendere possibili gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Tuttavia, il loro potere di mitigazione è sempre più limitato dagli effetti dei cambiamenti climatici stessi. Ecco come i ricercatori e i progetti europei stanno lavorando per spezzare questo circolo vizioso.

Di Diego Giuliani

Secondo uno studio dell’Istituto forestale europeo (EFI), le foreste europee da sole possono assorbire circa il 10 % delle emissioni totali di gas a effetto serra dell’UE. “Sono fondamentali per la mitigazione dei cambiamenti climatici, perché sono l’unico strumento “collaudato” per assorbire la CO2 dall’atmosfera“, spiega Hans Verkerk, ricercatore responsabile del programma di ricerca per la bioeconomia dell’EFI. “Con la fotosintesi, la CO2 viene stoccata nella biomassa, cioè nei tronchi, nelle foglie e nelle radici, e quando gli alberi muoiono, il carbonio viene trasferito nel suolo o nei prodotti in legno realizzati con gli alberi una volta raccolti“. Sequestrando il carbonio, le foreste possono giocare un contributo importante per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, e anche la Commissione Europea ha lanciato un forte avvertimento in tal senso: il tasso di sequestro di carbonio nelle foreste dell’Unione Europea dovrà aumentare di 1.7 milioni di tonnellate di CO2 all’anno da qui al 2050.

Tuttavia, le misurazioni più recenti suggeriscono una tendenza opposta, per la quale i ricercatori puntano il dito proprio sulla crisi climatica. Le foreste vengono infatti limitate nel loro potenziale di assorbimento del carbonio proprio dagli effetti dei cambiamenti climatici, di cui rischiano di cadere vittima.  “Diverse problematiche sono già sotto i nostri occhi, altre le attendiamo nei prossimi decenni“, spiega Verkerk. “Misuriamo un aumento del rischio di incendi boschivi, soprattutto nell’Europa meridionale, ma anche di tempeste di vento e attacchi di scolitidi, spesso associati alla siccità. E quindi ci aspettiamo anche un cambiamento nella distribuzione geografica delle specie e nella loro produttività, cioè nel ritmo di crescita delle foreste “. Secondo le analisi satellitari, dal 1987 al 2016 la siccità ha causato la morte di circa 500.000 ettari di foreste in Europa, e studi recenti mostrano che negli ultimi 40 anni quasi un quinto delle foreste europee è stato colpito da fattori di disturbo, sia naturali che dovuti all’azione umana. “I cambiamenti climatici hanno già un impatto significativo sulle foreste europee e continueranno ad averlo in futuro“, aggiunge Verkerk. “Disponiamo già di informazioni certe, ma per capire in che modo questi impatti si verificano dobbiamo raccogliere nuovi dati, più aggiornati e confrontabili tra loro, anche integrando le misurazioni sul campo con informazioni satellitari e provenienti dai droni.”

Monitorare le condizioni di salute e i cambiamenti delle foreste europee è uno degli obiettivi dell’Osservatorio ForestWard, attualmente in fase di sviluppo nell’ambito del progetto “Forwards” finanziato dall’UE. Ruben Valbuena è docente di telerilevamento delle foreste presso l’Università svedese di scienze agrarie. “Condurremo un’indagine approfondita in tutta Europa“, spiega. “Gli alberi saranno ad esempio dotati di sensori per misurare il loro tasso di crescita, la disponibilità di acqua e così via. Questi dati saranno poi incrociati con informazioni satellitari sul paesaggio locale e sul microclima, fornendo così elementi preziosi per comprendere lo stato attuale delle nostre foreste e prevederne gli scenari futuri, con l’obiettivo finale di formulare raccomandazioni adeguate per ottimizzare il potenziale di sequestro del carbonio delle foreste.

Tecnicamente note come “attività di mitigazione”, queste azioni spaziano dal rimboschimento ai cambiamenti nel modo di utilizzare il legno e possono intervenire in diverse fasi della vita delle foreste. La loro efficacia dipende in larga misura dalle condizioni locali. Nelle zone non soggette a gravi perturbazioni, una buona strategia potrebbe essere quella di ridurre l’intensità di gestione e di concentrarsi sullo stoccaggio del carbonio negli alberi e nel suolo “, spiega Verkerk che con EFI è tra i partner del progetto Forwards. “Al contrario, se gli effetti dei cambiamenti climatici sono più evidenti, è meglio optare per una gestione più attiva, che migliori l’adattamento delle specie arboree, modifichi l’intensità e la frequenza del diradamento delle foreste, e con altre misure simili”. A fianco del ripristino delle foreste degradate e della protezione di quelle in miglior salute, una “migliore gestione delle foreste” è ciò che il rapporto “Mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici basati sulle foreste in Europa” individua come la strategia con il maggiore potenziale di mitigazione. “Se stai piantando una foresta da zero puoi scegliere la provenienza degli alberi e preparare adeguatamente il terreno, ma in una fase successiva puoi, ad esempio, adattare la tua strategia di diradamento e concentrare la crescita sugli alberi più adatti alle tue esigenze“, aggiunge Verkerk.

Questo approccio è quello che gli addetti ai lavori definiscono “selvicoltura climaticamente intelligente”, ovvero una strategia mirata ad aumentare i benefici per il clima, promuovendo sia la resilienza che la produttività delle foreste. “Innanzitutto, la gestione sostenibile delle foreste cerca di massimizzare il contributo delle foreste stesse alla mitigazione dei cambiamenti climatici”, sottolinea il ricercatore. “Inoltre, punta a integrarlo con misure di adattamento, che da sole non sarebbero efficaci. E poi si concentra anche su come utilizzare al meglio il legno di queste foreste, per ottimizzarne il potenziale di mitigazione“. Come spiega Valbuena, il progetto fornirà un terreno di sperimentazione per questa strategia, istituendo diversi progetti pilota di gestione forestale climaticamente intelligente. “Si tratterà di aree in cui, ad esempio, sperimenteremo nuove tecniche di gestione forestale ed esamineremo sia gli effetti della diversificazione delle specie sulla resilienza delle foreste, sia l’impatto dei cambiamenti climatici“. Poiché il progetto è nelle sue prime fasi, le aree pilota non sono ancora state selezionate, ma sono state recentemente lanciati due bandi per finanziare la realizzazione di queste aree, testare nuove tecniche di misurazione, e molto altro. 

In attesa che l’Osservatorio ForestWard diventi una realtà, i ricercatori sottolineano l’urgenza di un sistema paneuropeo di monitoraggio e comunicazione dei disturbi forestali. Tale strumento, scrivono in uno studio del 2022 finanziato dall’UE, è estremamente necessario “per capire meglio le dinamiche dei disturbi e sviluppare la nostra capacità di rispondere”.


L’articolo in inglese è disponibile al seguente link: 

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