Una questione di tutti: le comunità Fire-smart, Firewise e il concetto di Fire Smart Territory
L’opinione pubblica è stordita dalle drammatiche immagini di incendi che la televisione sta mostrando in questa torrida estate, tra le più calde mai registrate a memoria d’uomo. Dopo quasi due anni di relativa calma nel nostro paese, giustificati da qualche sprovveduto come il risultato della prevenzione (quale? dove? come?), gli incendi sono esplosi in tutta la loro veemenza in diverse parti del globo, con dimensioni apocalittiche e comportamenti mai visti in precedenza: USA, Canada, Bolivia, Siberia, Turchia, Grecia, Francia (Provenza), Algeria, Tunisia e da noi Sardegna, Sicilia, Calabria, Toscana. Le immagini e i resoconti hanno evidenziato come l’intervento emergenziale non sia più sufficiente a contrastare un fenomeno che appare governato dalla complessa interrelazione di nuove condizioni climatiche, accumulo del combustibile legato all’abbandono di aree montane ed agricole, aumento della superficie boscata, contiguità e continuità di copertura delle aree boscate di nuova formazione. Il tutto si traduce in incendi, intensi, vasti, veloci sempre più spesso “incendi estremi (EWE) (classi 5,6,7 della classificazione degli incendi di Tedim et al. 2018. Si tratta di incendi fuori della capacità di controllo fissata in letteratura ad una intensità di 10.000 kW/m , indicativamente fiamme di 6/ 7 metri di altezza).
A fronte di tale situazione e della constatazione che anche i mezzi aerei, ritenuti lo strumento più efficace e risolutivo di controllo, sono impotenti a contenere eventi con comportamenti estremi, si chiede a gran voce di porre in essere misure di prevenzione, termine vasto, vago e onnicomprensivo, consistente in opere ed iniziative coordinate e finalizzate, in realtà poco frequenti nelle nostre realtà, dove di prevenzione in senso lato se ne è sempre fatta poca, limitata soprattutto ad episodiche quanto inutili iniziative di propaganda e all’emanazione di normative di sicurezza, ad interventi sporadici sul terreno quali viali parafuoco e ancor raramente interventi di fuoco prescritto.
Tra le tante possibili misure di prevenzione, e nell’intento di trarre spunto da iniziative già in atto altrove, viene spesso acriticamente auspicata la creazione di fire smart community. Il termine è attrattivo, poiché l’aggettivo smart suggerisce il concetto di intelligente e furbo ma soprattutto di efficiente modernità, rientrando nella ampia categoria delle iniziative smart tanto in voga (smart work, smart home, smart city). che si riferiscono però eminentemente alla diffusione della digitalizzazione.
Il concetto di Fire Smart Community (in francese Communautés Intelli-feu) nasce in Canada, tra le municipalità della British Columbia, in attuazione del FireSmart Canada Community Recognition Program (FireSmart Communities Program), con lo scopo di ridurre il rischio di incendi e mitigarne l’impatto realizzando un insieme di misure che gli abitanti di comunità devono accettare e realizzare congiuntamente. Si tratta, ben inteso di iniziativa volontaria. A seguito di una istruttoria per la valutazione del rischio, ai residenti interessati viene fornito il protocollo di misure da seguire, la cui esecuzione e mantenimento nel tempo giustifica il rilascio della certificazione di FSC. Gli interventi da porre in atto si traducono nel ridurre la presenza di combustibile con un gradiente crescente con l’avvicinamento al fabbricato e si applicano alla cosiddetta ignition zone che comprende la casa e il suo intorno (garage, portico, gazebo, legnaia etc.) tra 30 e 100 metri, le cui condizioni determinano la suscettibilità della casa ad essere danneggiata da un eventuale incendio.
Le istruzioni comprendono potatura e distanziamento tra piante, uso di specie vegetali poco infiammabili, uso preferenziale di piante arboree decidue, uso del prato irrigato, potatura degli alberi per i primi 2,5 m dal suolo, eliminazione metodica di accumuli di combustibile (aghi, foglie) presenti su tetti, pluviali, grondaie etc., uso di materiali particolari per la costruzione. Una dovizia di materiali (brochure, manuali, app), tutti reperibili online, consente di eseguire correttamente le iniziative suggerite.
Il programma FireSmart si è poi diffuso negli USA con la denominazione di firewise, gestito dal NFPA, National Fire Protectio Association, sponsorizzato dal Servizio Forestale, dal Dipartimento degli Interni e dalla Associazione Nazionale dei Forestali. Il programma, attivato nel 2001 ha finora interessato 1,5 milioni di persone con un costo di 140 milioni di dollari e si estende su 1905 firewise communities, circa il 10% del numero totale di 19152 comunità, variabili dalle megalopoli ai centri con meno di 10,000 abitanti. Ancora una volta un aggettivo (wise) che richiama intelligenza, saggezza ma anche previdenza.
Firewise si basa sulla creazione di uno spazio difendibile attorno alla casa, con interventi ad adesione volontaria di riduzione del combustibile, differenziati secondo tre zone concentriche a distanza crescente dal fabbricato. Gli interventi consistono nella eliminazione della vegetazione, nel distanziamento di alberi e cespugli, nella potatura, nella distanza tra chiome. Laddove il fabbricato sorga su pendio, le ampiezze delle zone concentriche sono incrementate secondo un fattore di sicurezza (Fig. 1).
In entrambe le modalità di intervento, l’obiettivo è la salvezza della abitazione, da perseguire eliminando la presenza di combustibile nell’intorno, con una logica di intervento lineare molto simile a quella dei viali parafuoco, con interventi eminentemente orientati alla tutela delle abitazioni nelle zone di interfaccia, ma non dello spazio circostante. Essendo relativamente costose, le modalità firemart e firewise si rivolgono ad una utenza che può permettersi di sostenere i costi relativi ed acuiscono quindi condizioni di iniquità.
Entrambe le modalità hanno una microscala di applicazione, e sono difficilmente trasferibili nella nostra realtà, dove la adesione totale degli interessati e la disponibilità a ridurre il verde dei singoli giardini incontrerebbero ostacoli insormontabili, considerando che tuttora le abitazioni immerse nel verde hanno un plus valore (Fig. 2) e che addirittura in alcuni casi l’intera superficie degli immobili è coperta da verde (il concetto innovativo e osannato di bosco verticale). Si aggiunga ottimismo ingiustificato (“a me non può capitare” o optimism bias; Arnaud et al. 2017) l’abitudine a confidare ciecamente che in caso di pericolo dovrà essere lo Stato ad intervenire, delegando ad esso tutte le attività e non attivando che in pochi casi misure autonome di prevenzione, e per finire la diffusa predilezione per insediamenti certamente gratificanti ma in condizione di rischio (amenity risk, Willis et al. 2011), per esempio sul bordo di gravine, di pendici boscate, all’interno di boschi (Fig. 2) etc. Tuttavia i criteri dello spazio difendibile forniscono utili indicazioni per abitazioni singole o isolate.
Molto più adatto alla nostra realtà è invece il concetto di Fire Smart Territory, teorizzato in Portogallo (Tedim et al. 2015,2016; Leone et al. 2020). Il suo interesse maggiore è quello di operare a livello di territorio, quindi ad una scala che include tutto uno spazio geografico di ampiezza variabile, compresa la comunità che ci vive ed opera. Fire Smart Territory è un territorio a rischio di incendio in cui la gestione delle attività economiche e sociali, è orientata alla riduzione del rischio e alla conservazione dei valori naturali e dei servizi eco sistemici, promuovendo uno sviluppo sostenibile. Si attua creando comunità consapevoli, ben formate e responsabilizzate, capaci di decidere e attuare obiettivi e pratiche per prevenire, controllare e utilizzare il fuoco” (Tedim et al. 2016).
L’approccio FST opera congiuntamente su due componenti:
a) umana, attraverso l’informazione, l’educazione, l’informazione, la formazione, la sensibilizzazione, la consapevolezza e la capacità e prontezza ad intervenire, aumentando in definitiva la resilienza;
b) fisica, attraverso le cure colturali della componente forestale (potature, diradamenti, fuoco prescritto, decespuglimenti localizzati, ecc.), la riduzione andante e non lineare dell’accumulo di biomassa mediante le pratiche agricole (potature, arature, diserbo, bruciatura delle stoppie e dei residui agricoli, decespugliamento, fuoco prescritto e pascolo prescritto, ecc.) ripristinando, ove possibile, il mosaico vegetale, in cui aree di bosco, boschi pascolati o soggetti ad utilizzazione, si alternano a pascoli , radure, aree coltivate, oliveti e vigneti.
Bibliografia
- Arnaud M., Adam C. , Dugdale J. (2017). The role of cognitive biases in reactions to bushfires. ISCRAM, May 2017, Albi, France.
- Leone V, Tedim F., Xanthopoulos G. (2020) Fire Smart Territory as an innovative approach to wildfire risk reduction. Chapter 11 in: Tedim F., Leone V: and McGee.T. K. (Eds) Extreme Wildfire Events and Disasters Root Causes and New Management Strategies. Elsevier, Amsterdam, Netherlands, pp. 201-215
- Tedim F., Leone V., Amraoui M., Bouillon C., Coughlan M.R., Delogu G.M., Fernandes P.M., Ferreira C., Mc Caffrey S., McGee T.K., Parente J., Paton D., Pereira M.G., Ribeiro L.M., Viegas D.X., Xanthopoulos G. (2018). Defining extreme wildfire events: Difficulties, challenges, and impacts. Fire. 1: 9.
- Tedim F., Leone V., Xanthopoulos G., (2016) A wildfire risk management concept based on social-ecological approach in the European Union: fire Smart Territory. Int. J. Disaster Risk Reduct. 18 (2016) 138e153, https://doi.org/10.1016/J.IJDRR.2016.06.005
- Tedim, F., Leone V., and Xanthopoulos G. (2015). Wildfire risk management in Europe: the challenge of seeing the ‘forest’ and not just the ‘trees’. pp. 213 -238. In: Proceedings of the 13th International Wildland Fire Safety Summit & 4th Human Dimensions of Wildland Fire Conference, April 20-24, 2015, Boise, Idaho, USA. International Association of Wildland Fire. 241 p
- Willis K.T., Natalier K. & Revie M. (2011) Understanding Risk, Choice and Amenity in an Urban Area at Risk of Flooding, Housing Studies, 26:2, 225-239, DOI: 10.1080/02673037.2011.549215