La frequenza e la magnitudo degli incendi e il loro impatto sul suolo

Incendi-boschivi da villaggio globale
Durante la settimana storicamente più colpita dagli incendi, ovvero l’ultima di luglio, la media parla di circa 9.000 ettari bruciati, mentre quest’anno, solamente in questa settimana, si è arrivati a sfiorare i 34.000 ettari

L’estate 2023 sarà ricordata come un anno decisamente drammatico per il gli incendi forestali sia in Italia sia in Europa (Francia e Grecia) e in tutto il mondo (Canada, Haiti). Nel sud Italia i numerosi incendi hanno interessato in modo particolare Sicilia e Calabria, ma anche Puglia e Sardegna. Tutti questi eventi sono connessi ad un’ondata di calore anomala (ricordiamo l’impressionante record di 47°C registrati a Palermo) che il World Weather Attribution, massima istituzione mondiale nel cercare legami tra eventi estremi e riscaldamento globale, ha stabilito essere impossibile senza crisi climatica.

Gli incendi, in particolare, hanno occupato per giorni le prime pagine dei giornali e le principali notizie di telegiornali e approfondimenti; tuttavia, non sempre è risultata chiara la portata di questi eventi, né dal punto di vista quantitativo né qualitativo: la loro estensione, la tipologia di aree colpite, la differenza tra questa ed altre annate e i loro possibili impatti sul sistema suolo-vegetazione. I dati disponibili sono quelli di Effis (European Forest Fire Information System), un sistema web modulare di informazione geografica, gestito dal Joint Research Centre della Commissione Europea, che fornisce sia informazioni quasi in tempo reale (attraverso le analisi satellitari del sistema Copernicus), sia le serie storiche ufficiali comunicate dai singoli Paesi, relative agli incendi delle regioni europee, mediorientali e nordafricane.

Incendi estremi

Dai dati Effis relativi alla media settimanale delle aree bruciate in Italia (2006-2022) emerge in modo lampante come il luglio 2023 sia stato un mese decisamente fuori scala a livello nazionale. Durante la settimana storicamente più colpita dagli incendi, ovvero l’ultima di luglio, la media parla di circa 9.000 ettari bruciati, mentre quest’anno, solamente in questa settimana, si è arrivati a sfiorare i 34.000 ettari. Nel complesso, le aree percorse dai grandi incendi boschivi in Italia, ovvero quelli maggiori di 30 ettari, che il sistema Copernicus riesce a captare con più fedeltà, al 31 luglio 2023 hanno già superato i 53.000 ettari. L’ondata di calore, come dimostrano i dati del satellite Modis, ha portato le anomalie termiche settimanali, che fino a metà luglio erano state sostanzialmente in media, o anche sotto la media, a schizzare a livelli decisamente alti, più vicini ai record massimi di anomalia che ai valori medi. Gli eventi di grandi dimensioni che si sono registrati in Italia e nel mondo sono definiti «incendi estremi» perché governati dalla complessa interrelazione di nuove condizioni climatiche, accumulo del combustibile legato all’abbandono di aree montane ed agricole, aumento della superficie boscata, contiguità e continuità di copertura delle aree boscate di nuova formazione. Il tutto si traduce in incendi, intensi, vasti, veloci, sempre più spesso incendi estremi (Ewe) (classi 5,6,7 della classificazione degli incendi di Tedim et al. 2018). Si tratta di incendi fuori della capacità di controllo fissata in letteratura ad una intensità di 10.000 kW/m, indicativamente fiamme di 6/7 metri di altezza.

Anomalie termiche settimanali 2023 rispetto alla media (2012-2022) analizzate da Modis. Fonte: Effis

La degradazione del suolo

Gli incendi forestali estremi non solo alterano la flora e la fauna e disturbano gli equilibri biologici, ma modificano anche gli equilibri idrologici, pedologici e le condizioni microclimatiche (Stoof et al., 2015). Tuttavia una delle peggiori implicazioni degli incendi boschivi è probabilmente il loro impatto sul suolo, che non è solo il supporto fisico e serbatoio dei nutrienti per le piante, ma anche una risorsa rinnovabile con tassi di degradazione potenzialmente rapidi e processi di formazione e rigenerazione estremamente lenti.

L’effetto del fuoco sul sistema suolo dipende da diversi fattori quali l’intensità del fuoco, le condizioni climatiche, la topografia e l’eterogeneità del paesaggio. Il rischio degradazione del suolo a seguito di un incendio è in larga misura determinato da quanto accade alle sue proprietà e alla copertura vegetale durante e dopo l’incendio. Gli ambienti aridi possono essere più vulnerabili al degrado dopo il passaggio del fuoco a causa della perdita della copertura vegetale, del deflusso e dell’erosione, della riduzione dei nutrienti e della sostanza organica; fattori come l’intensità del fuoco, la stagionalità e la storia, possono influenzare le risposte post-fuoco di questi ambienti.

Le conseguenze del passaggio del fuoco sul suolo hanno portato ad un crescente interesse della comunità scientifica internazionale; che non si limitano alla riduzione della vegetazione, ma che riguardano anche il comparto idrologico e pedologico. Tali comparti, infatti, possono subire alterazioni a seguito del frequente passaggio del fuoco, potendo essere interessati, nelle aree percorse, da fenomeni quali aumentato del deflusso superficiale delle acque ed erosione; effetti questi dovuti alla riduzione della conduttività idraulica del suolo (De Bano, 1981), alla diminuzione della stabilità degli aggregati del suolo (Wilson, 1999), ad una generale diminuzione dei nutrienti del suolo (Thomas et al., 1999), all’alterazione delle proprietà fisico-chimiche del suolo (Giovannini e Lucchesi, 1997) ed alla variazione della dinamica di vegetazione (Trabaud e Galtié, 1996)

Formazione dello strato idrorepellente, provocato dalla migrazione delle sostanze idrofobiche al di sotto dello strato superficiale del suolo e loro rideposizione a modesta profondità per effetto del gradiente termico (ridisegnato da DeBano, 1981), (Leone e Lovreglio, 2011).

Gli incendi possono alterare seriamente la risposta idrologica dei bacini idrografici alle precipitazioni, con un aumento del picco di efflusso e produzione di sedimenti. Questi cambiamenti possono essere attribuiti ad alcuni differenti processi fisici che si verificano durante gli incendi, che provocano la riduzione dell’intercettazione dell’acqua dovuta all’alterazione della copertura vegetale e alla riduzione della velocità di infiltrazione dell’acqua, l’alterazione delle proprietà idrauliche dei suoli, la creazione di cenere e conseguenti fenomeni di repellenza all’acqua.

Nel caso dei suoli in aree collinari, in caso di piogge intense, una parte dell’acqua piovana si infiltra rapidamente nello strato superficiale, impregnandolo rapidamente poiché il sottostante diaframma idrorepellente impedisce o rallenta l’infiltrazione profonda (Leone e Lovreglio, 2011). Inizia così, a causa della pendenza, un flusso laterale interno che sommandosi allo scorrimento superficiale, non più rallentato dalla copertura vegetale, può causare lo scivolamento e l’asportazione degli orizzonti del suolo più superficiale, con forme di erosione di vario tipo, soprattutto incanalata (Certini, 2005; Leone e Lovreglio, 2011). Le perdite di suolo per erosione post-incendio possono variare in maniera estrema, in funzione del tipo di suolo, copertura, vegetazione, pendenza, severità dell’incendio, intensità delle precipitazioni, periodo delle precipitazioni (Certini, 2005; Leone e Lovreglio, 2011). Robichaud et al. (2006) riportano potenziale di erosione variabili da 2 Mg/ha a 20.000 Mg/ha.

Lo strato idrorepellente impedisce l’infiltrazione dell’acqua e causa scorrimento superficiale (ridisegnato da DeBano, 1969a e 1969b) (Leone e Lovreglio, 2011)

Incendi e ciclo del carbonio

Una recente ricerca (Fire frequency and type regulate the response of soil carbon cycling and storage to fire across soil depths and ecosystems: A meta-analysis – Anno 2022) ha analizzato l’effetto degli incendi e dei diversi tipi di eventi sulla ciclicità e l’accumulo del carbonio nel suolo, considerando anche la profondità del suolo e il tipo di ecosistema. La frequenza degli incendi ha un impatto significativo sui processi del ciclo del carbonio nel suolo. In alcuni casi, una frequenza troppo elevata di eventi può portare ad una diminuzione dell’accumulo di carbonio nel suolo, poiché il carbonio organico viene bruciato o rilasciato nell’atmosfera. I diversi tipi di incendi, come i fuochi naturali e quelli causati dall’attività umana, possono influenzare in modo diverso i processi di decomposizione della materia organica nel suolo e l’accumulo di carbonio. Ad esempio, i fuochi naturali potrebbero avere effetti meno dannosi sulla conservazione del carbonio rispetto a quelli causati dall’attività umana. Inoltre l’effetto degli incendi sulla ciclicità del carbonio può variare a seconda della profondità, con impatti più pronunciati nelle prime profondità del suolo. Infine è risultato evidente che gli effetti dei fuochi sul ciclo del carbonio possono variare in base al tipo di ecosistema, come foreste, praterie o arbusteti.

Ogni tipo di ecosistema può rispondere in modo diverso ai fuochi, influenzando la quantità di carbonio conservato nel suolo. Pertanto è evidente che la frequenza e la tipologia degli incendi, la profondità del suolo e il tipo di ecosistema sono tutti fattori critici che influenzano la risposta dei processi di ciclo del carbonio nel suolo agli incendi. È evidente che le conseguenze sul suolo, in seguito al passaggio del fuoco, dipendendo strettamente dal regime degli incendi (intensità, stagione, tempo di ritorno) ma anche da altri diversi aspetti: caratteristiche del suolo, tipo di copertura vegetale nonché dalla severità dell’incendio, a sua volta risultato dell’intensità, della velocità di propagazione etc. (Certini, 2005; Alcañiz et al., 2016). La parziale o totale eliminazione della copertura vegetale a seguito di eventi ad alta severità con forte potenza energetica, le accentuate pendenze, espongono il suolo all’azione degli agenti atmosferici, rendendolo ancora più vulnerabile a fenomeni erosivi superficiali.

Al fine di arginare questi fenomeni erosivi, sarebbe importante intervenire con tecniche di recupero post-incendio ed utilizzando tecniche a basso impatto ambientale ed in particolare quelle che contemplano criteri di ingegneria naturalistica e di bioingegneria. Queste tecniche consistono nel realizzare delle briglie di contenimento attraverso l’utilizzo di materiali degradabili e facilmente disponibili, quindi presenti nel sito stesso come pietrame e legname derivante da interventi di selvicoltura (Cerrillo e Rodriguez, 2016). Sono opere che hanno il vantaggio di contenere i processi erosivi che si innescano nella fase post-incendio, di favorire il ritorno della vegetazione arborea e arbustiva spontanea e di essere a basso impatto ambientale ed economico. In molte aree del bacino del mediterraneo sono condotte attualmente sperimentazioni in tal senso che fanno registrare interventi di successo nel contenimento degli impatti post-incendio in aree a forte pendenza (Tardio e Mickovski, 2016).

Briglie di contenimento in materiale naturale

Il seguente articolo è tratto da Villaggio Globale

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Dipartimento di Agraria, Università di Sassari

Raffaella Lovreglio

Dipartimento di Agraria, Università di Sassari

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