EDITORIALE: Ma l’ISTAT sa che in Italia esistono boschi e foreste?

Marco Marchetti (1), Davide Pettenella (2)

(1) Presidente SISEF, Dipartimento Bioscienze e Territorio, Università degli Studi del Molise, Pesche (IS – Italy); (2) Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-forestali, Università degli Studi di Padova, Legnaro (PD – Italy)
(Pubblicato su Forest@ – Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale, vol. 15, pp. 1-2, 2018 – doi: 10.3832/efor0075-015)


Come ogni anno dal 1878, anche quest’anno è stato pubblicato l’Annuario statistico italiano dell’ISTAT, una pubblicazione, come si può leggere nelle pagine introduttive, che rappresenta “uno strumento consolidato e autorevole per conoscere il nostro Paese e le sue trasformazioni più recenti”. In effetti questa monumentale opera (798 pagine, con centinaia di grafici e tabelle) è strutturata in 24 capitoli e abbraccia un’ampia gamma di settori. Interrotte le pubblicazioni degli annuari sulle statistiche forestali e delle statistiche sui prelievi nei Bollettini mensili di statistica, ulteriormente ridotto il campo di raccolta dei dati forestali del Censimento dell’agricoltura, a chi era interessato ai dati ufficiali sul settore forestale non restava molto altro se non l’Annuario statistico italiano.
Sfortunatamente per l’ISTAT, in base ai dati presentati nell’Annuario statistico italiano, le foreste, le relative attività economiche e i servizi ecosistemici da queste offerti non hanno alcuna rilevanza informativa, nonostante i dati più recenti indichino che le foreste occupano attualmente quasi 12 milioni di ettari (più del 39% della superficie nazionale), con un trend in costante aumento a causa dell’abbandono delle superfici agricole.
Nello specifico, nell’Annuario:

  • non ci sono dati di alcun genere sulla superficie forestale, gli stock di biomassa, gli incrementi, il contributo estremamente significativo delle foreste alla mitigazione dei cambiamenti climatici, alla produzione di energia da fonti rinnovabili, alla conservazione della biodiversità;
  • nessuna informazione è fornita sulle attività economiche forestali (prelievi e consumi di legname), le imprese e gli addetti al settore, gli interventi pubblici (rimboschimenti, perdita di terreni forestali);
  • si accenna alle foreste solo in relazione alla produzione di energia elettrica (ma presentando il dato delle biomasse legnose aggregato a quello delle biomasse agricole) e in relazione alle preoccupazioni dei cittadini italiani relative all’ambiente, segnalando che la distruzione delle foreste è un problema sempre meno avvertito dagli italiani (forse la domanda potrebbe essere stata posta diversamente, facendo riferimento a tagli illegali e al problema degli incendi, con risultati presumibilmente diversi);
  • per la trasformazione industriale del legname la situazione non è migliore: qualche dato sull’occupazione nell’industria del legno e un dato sulla raccolta differenziata che, mettendo insieme legno, metalli, prodotti tessili e altri rifiuti minori, fa fare al settore un gran brutta figura (13% di riciclo) mentre è noto da altre fonti informative che l’Italia è tra i paesi con i più alti livelli di recupero al mondo nel campo dei rifiuti in legno;
  • l’unica variabile specifica del settore forestale è quella relativa agli incendi, ma l’ultimo dato riportato è quello del 2015! Va peraltro ricordato che il dato del 2016 lo leggeremo nella pubblicazione che sarà disponibile a dicembre 2018, mentre quello del 2017 forse non lo leggeremo mai a seguito dalla ristrutturazione dell’apparato organizzativo dell’antincendio boschivo; e questo nonostante il 2017 sia stato l’annus horribilis degli incendi, come ampiamente e spesso superficialmente documentato dai mass media.

Tra i problemi ambientali evidenziati nell’Annuario emergono l’inquinamento dell’aria, i cambiamenti climatici e il degrado del paesaggio, tutti aspetti per i quali si sarebbe potuto dare evidenza del ruolo mitigatore esercitato dal bosco. Nessun accenno viene fatto ai cambiamenti di uso del suolo, che sono uno dei driver più importanti dell’attuale momento storico, e quindi alle modificazioni, raramente migliorative, del paesaggio del “bel paese”.
Nell’Annuario ci sono inoltre alcune informazioni che potrebbero perfino indurre in errore, come ad esempio quella relativa alla selvicoltura presentata come una tra le attività produttive che maggiormente contribuiscono alle emissioni di inquinanti. Nel caso specifico, la selvicoltura è associata all’agricoltura e alla caccia e pesca, mettendo nello stesso insieme attività con impatti opposti e che dovrebbero essere separate per dare corrette informazioni e indicazioni di politica ambientale.
Insomma per l’ISTAT il settore forestale non ha rilevanza economica ma neanche territoriale (!), non ha alcuna funzione ambientale, è economicamente inesistente, non desta particolari preoccupazioni di tipo ambientale tra gli italiani, salvo forse che per il problema degli incendi.
L’aspetto tuttavia più critico è che probabilmente l’Istituto Nazionale di Statistica, non dando alcuna rilevanza alle statistiche forestali, rappresenta coerentemente l’opinione comune dell’italiano medio e i suoi stereotipi relativi al settore forestale, facendo così un pessimo servizio di comunicazione. Questa criticità deve porre degli interrogativi agli operatori del settore forestale: c’è la necessità, a partire dal mondo della ricerca, di fare corretta informazione ed aumentare la sensibilità verso temi troppo spesso considerati marginali.
Queste scelte relative alle statistiche forestali dell’ISTAT sorprendono quando si considerano le recenti, interessanti e positive, iniziative dell’Istituto in materia di sostenibilità. Basti pensare allo sviluppo di indicatori più corretti per monitorare il progresso della società italiana con la valutazione delle 12 dimensioni del Benessere Equo Sostenibile (BES), un insieme di indicatori sicuramente più adatti del Prodotto Interno Lordo (PIL) a rappresentare l’evoluzione del paese e l’incidenza di variabili non prettamente economiche sulla qualità di vita dei cittadini. Alla qualità di vita è facilmente riconducibile l’ampia e variegata schiera di servizi e beni ambientali offerti dalle risorse forestali alla cui valutazione tanto sta contribuendo il sistema della conoscenza nazionale, ma che evidentemente, pur essendo tra gli Obiettivi del Millennio (Sustainable Development Goal), ancora non riesce ad entrare a pieno titolo tra le variabili dell’Annuario statistico italiano.

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