Grande e qualificata partecipazione al convegno “Selvicoltura e ungulati selvatici: una convivenza possibile?”
Organizzato dal Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura – Centro di ricerca per la selvicoltura (CRA-SEL) e dalla Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale. Oltre cento i partecipanti, in rappresentanza del CRA, di cinque università (Firenze, Torino, Sassari, Siena, Bari), quattro regioni (Toscana, Umbria, Lazio, Sardegna), numerosi enti locali, ordini professionali e CFS.
Una occasione per fare il punto sui dati preoccupanti e le criticità crescenti, sia a livello italiano che europeo, nei rapporti tra attività forestali e ungulati selvatici e presentare i risultati di alcune recenti ricerche sulla gestione integrata tra risorse forestali e faunistiche.
Il convegno ha evidenziato come ormai le criticità non interessano solo le produzioni agricole ma anche quelle connesse alle aree boscate e le foreste (produzioni legnose e non legnose quali funghi, tartufi, piccoli frutti, pascoli…) soprattutto in aree collinari e montane e in aree protette. Inevitabile, di fronte all’attuale situazione, abbandonare approcci settoriali ormai superati e che hanno dimostrato la loro inefficacia nel governare la dinamica delle popolazioni di ungulati e in particolare di cinghiale, capriolo e cervo. Urgente procedere in maniera congiunta, anche con il contributo delle Società scientifiche in ambito forestale e zoologico e sulla base dei risultati resi disponibili dalla ricerca, a una discussione e rivisitazione di alcune forme di gestione e pianificazione forestale ma, soprattutto, di standard quali ad esempio le densità obiettivo e i criteri per individuare aree vocate e non vocate per gli ungulati, in modo da verificare la reale sostenibilità di questi indicatori. Il tutto nella convinzione che la vera risposta al problema possa arrivare solo attraverso una gestione unitaria e quindi integrata delle risorse forestali e faunistiche, e non settoriale come oggi avviene. Fondamentale nel breve termine diffondere scelte tecniche e gestionali innovative, le buone pratiche già attuate in alcune aree del Paese e rafforzare, con il contributo degli enti di ricerca e di quelli gestori, programmi di monitoraggio permanente e a scala nazionale degli impatti degli ungulati sulle produzioni agricole e forestali, così da disporre nel tempo di una banca dati per verificare ed eventualmente modificare le scelte operate e mitigare un problema che presenta criticità crescenti.
(Segnalato da: Andrea Cutini)
Info Autori
Scuola di scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e Ambientali (SAFE-UNIBAS)