Perché la politica non riesce a modificare la risposta emergenziale agli incendi? 

incendi delogu

Il Prof. Vittorio Leone, nel suo recente intervento in questa pagina, sostiene giustamente che “operare a livello di territorio significa anche agire sulla componente umana che vi abita e lavora, trasformandola da spettatore passivo delle operazioni di spegnimento ad ausiliare esperto e consapevole della attività di estinzione”.

Mi pare questa una chiave di lettura importante per rispondere alla domanda: perché la politica non riesce a modificare la risposta emergenziale agli incendi?

Si preferisce la delega alla poderosa macchina di estinzione piuttosto che creare le “fire-wise communities”, cioè comunità esperte e consapevoli di fronte al fuoco, in estinzione e in prevenzione. Dappertutto, a livello nazionale, regionale e locale (salvo virtuose eccezioni come la Regione Toscana e poche altre) emerge una sostanziale resistenza al cambio di paradigma. E’ certamente più facile fornire risposta immediata ad ogni evento, prodigandosi in una azione emergenziale che mette in bella mostra l’operato dell’amministratore pro tempore (più uomini, più soldi, più efficienza), piuttosto che lasciare un segno duraturo ma invisibile attraverso la pianificazione forestale preventiva.

E’ il cosiddetto “paradosso dell’estinzione”, cioè la costruzione di una macchina poderosa ed eroica, pronta a rispondere al più piccolo evento entro 10-15 minuti ma che, proprio perché estingue la maggior parte dei piccoli focolai o incendi di superficie limitata crea le condizioni perché la necromassa si accumuli negli anni creando le condizioni per incendi sempre più virulenti e incontrollabili.  Ma in quelle poche, ma micidiali situazioni il sistema intero collassa, con la conseguente ricerca delle responsabilità.

Eppure il recente dibattito che ha portato alla approvazione della L.155/21 di modifica delle Legge quadro sugli incendi boschivi (la L.353/00) sembrava potesse introdurre elementi di cambio significativi, ma non è stato purtroppo così. Una di queste proposte (definizione dell’articolo[1]) mette in stretta connessione i Piani antincendio boschivo con il Testo unico in materia di foreste e filiere forestali  T.U.F.F. nella parte della pianificazione forestale. Questa disposizione  può essere applicata già ora dalle regioni durante il processo di revisione dei propri piani antincendi, che possono essere raccordati  alla pianificazione forestale alla scala di bacino o di distretto, anche grazie alla recente ripartizione dei Fondi della Strategia Forestale Nazionale [2]

Altra novità importante è stata il chiarimento, dopo anni di dibattito, sul fuoco prescritto (definito giustamente una tecnica selvicolturale ai sensi dell’art. 3, comma 2 lett.c del T.U.F.F. [3]) e sull’uso legittimo di fuoco prescritto e controfuoco. Le speranze legate all’attuazione delle azioni preventive nelle aree della Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) in realtà stanno diventando prevalentemente occasioni di solo potenziamento della macchina di contrasto piuttosto che di prevenzione strutturale come peraltro richiede la stessa norma nazionale di protezione civile recentemente aggiornata [4].

A livello regionale, sia a statuto speciale che ordinario, non vi è dubbio che lo scioglimento del Corpo Forestale abbia creato un aumento della incertezza mentre su scala nazionale, lo sforzo indubbiamente notevole del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco ad adeguare le proprie strutture anche organizzative richiede, a mio avviso, una loro “specializzazione come analisti e operatori degli incendi ” nel senso di creazione di nuclei esperti  come il G.R.A.F. catalano (Grup de Recolzament d’Actuacions Forestals), prevedendo l’assunzione, più che di giovani ingegneri, di forestali conoscitori della dinamica degli incendi forestali, capaci cioè più di costruire strategie che dare risposte tattiche  e inseguire le fiamme.

Ma occorre che le regioni soprattutto attivino i Piani forestali a scala di distretto e a scala locale, coordinando non a pioggia ma in base a priorità di piano la spesa dei fondi PSR, quelli del PNRR (a proposito, c’è rimasto qualcosa oltre agli alberi in città?), per creare occasioni di redditività in montagna e sottrarre all’incendio la sua qualifica di “erbivoro totale”.

[1] 2-ter. I piani antincendio boschivo e i piani operativi  nazionali approvati nell’ambito  della  programmazione  dei  fondi  strutturali 2021/2027 finalizzati alla sicurezza e all’incolumità dei  territori e  delle  persone  devono  coordinarsi  con  i   documenti   previsti dall’articolo 6 del testo unico  di  cui  al  decreto  legislativo  3 aprile 2018, n. 34

[2] Art. 1, comma 530, Legge 30 dicembre 2021 n° 234

[3] decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34;

[4] art. 18, Decreto Legislativo n.1 del 2 gennaio 2018: Codice della protezione civile

Info Autori

Giuseppe Mariano Delogu
Docente @ Dipartimento di Agraria, Università di Sassari | Altri Posts
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