CONAF e SISEF: 8 proposte per evitare un’altra estate di fuoco

matt-palmer-

Piani straordinari di rimboschimento o migliore gestione forestale? 8 proposte dal Consiglio dei Dottori Agronomi e Forestali e SISEF per affrontare gli incendi.

In queste ultime settimane l’attenzione del Paese è concentrata sul dilagare di incendi critici in diverse regioni italiane. Abbiamo ascoltato molte dichiarazioni da parte di associazioni, organizzazioni, enti, fino ad arrivare alle più alte cariche istituzionali, riguardanti la lotta agli incendi e la ricostituzione dei boschi percorsi da fuoco. Queste dichiarazioni sono il segnale di un nuovo interesse da parte dei decisori politici che, in una certa misura, segue la maggiore attenzione che l’opinione pubblica mostra verso il nostro capitale naturale, di cui le foreste rappresentano la parte più importante. Questo legame emotivo, però, non è sufficiente. Si sta facendo strada la consapevolezza che la lotta agli incendi non si realizza solo con la repressione dei reati, ma con un governo integrato di tutte le cause predisponenti, realizzando un’adeguata prevenzione a tutto tondo, dalla quale dipende anche l’efficacia della attività di estinzione, facendo formazione di tutti gli attori coinvolti unita a corrette campagne di comunicazione rivolte alla cittadinanza. Così facendo, le ingenti risorse che attualmente vengono spese in emergenza nell’estinzione e ricostituzione potrebbero essere drasticamente ridotte se accompagnate da una pianificazione del territorio forestale che punti ad una corretta gestione dei nostri boschi, con conseguente efficace prevenzione. Successivamente emerge la questione di come facilitare la ripresa dei territori colpiti tra proposte di revisione degli strumenti normativi esistenti e redazione di Piani straordinari di intervento.

1) RIMBOSCHIMENTI: BUONA SOLUZIONE SOLO IN SITUAZIONI SPECIFICHE 
Una certa attenzione ha suscitato la proposta di una campagna di rimboschimento per la Regione Calabria, ben accolta anche dall’opinione pubblica. In realtà tale metodo era applicato sistematicamente alcuni decenni orsono, ma le ricerche scientifiche, l’esperienza degli operatori e i risultati ottenuti hanno evidenziato come questa politica sia non solo inefficiente ma, nella maggior parte dei casi, dannosa dal punto di vista ecologico ed economico. Le superfici percorse dal fuoco presentano una “severità” molto variabile e solo in una parte ridotta del territorio percorso dal fuoco la vegetazione arborea e la sua funzionalità vengono danneggiate gravemente. Nella maggior parte delle aree interessate dal fuoco, la dinamica naturale riparte in un periodo di tempo relativamente breve con un processo di ricostituzione naturale efficiente e a costo zero. Nelle aree colpite da incendi ad alta severità i tempi di ricostituzione naturale sono più incerti e si può prevedere il rimboschimento per ripristinare più rapidamente i servizi ecosistemici ritenuti fondamentali (es. protezione dalla caduta di massi, fenomeni erosivi) e per i quali non si possono attendere i tempi più lunghi della ricostituzione naturale. Quindi solo una piccola parte delle aree percorse “necessita” di rimboschimento (per esempio dopo i grandi incendi dell’ottobre 2017 in Piemonte, il Piano straordinario regionale ha previsto rimboschimenti su un’area inferiore al 5% della superficie totale percorsa dal fuoco). Non solo: la ricostituzione naturale dà origine a boschi più resilienti alla crisi climatica in atto e al passaggio di futuri incendi, mentre il rimboschimento produce popolamenti più fragili e infiammabili, poco resilienti e con alti costi di gestione.

2) AVREMMO DOVUTO LAVORARE 20 ANNI FA PER SPEGNERE GLI INCENDI DELL’ESTATE 2021
In un paese come il nostro, dove i popolamenti forestali hanno subito una forte azione antropica negli ultimi secoli se non millenni, il ruolo dell’uomo è di fondamentale importanza in tutte le fasi del governo del fenomeno incendi. Come è stato scritto in questi giorni, avremmo dovuto lavorare venti anni fa per spegnere gli incendi dell’estate 2021. Gli scenari che l’IPCC ci propone nel 6° assessment report evidenziano che, se non iniziamo a lavorare da subito, non saremo in grado di mitigare gli impatti degli incendi che si verificheranno con maggiore frequenza e intensità nei prossimi anni. Deve essere chiaro che il governo degli incendi non è una attività indipendente dal contesto ambientale e socio-economico, ma è una parte della pianificazione del territorio e inizia con l’attuazione di “Piani forestali di indirizzo territoriale” (Art.6 c.3, D.lgs.34/2018). In questi piani possono essere definite le aree maggiormente esposte al pericolo incendi e possono essere individuati gli ambiti che necessitano di misure strutturali (viabilità, viali tagliafuoco, punti acqua ecc.) e/o di selvicoltura preventiva (riduzione e distribuzione spaziale del combustibile in modo da rallentare la diffusione e favorire la lotta attiva in caso di incendio), coerentemente con altri strumenti di pianificazione, quali i piani di Protezione civile.

3) PROGETTARE L’AGRICOLTURA PER MITIGARE IL DANNO 
Le diverse misure di carattere forestale devono essere integrate con la politica agricola. Molti incendi derivano dall’uso illegale e inesperto del fuoco per fini agro-silvo-pastorali, mentre l’abbandono dell’agricoltura e della pastorizia determinano un aumento del pericolo di incendi per accumulo del combustibile. L’agricoltura, tuttavia, deve essere considerata parte della soluzione: campi coltivati, orti, vigneti, aree pascolate, se progettati in modo coerente con la prevenzione del rischio incendi, possono ridurre l’infiammabilità a scala di paesaggio e rendere più sicure ed efficaci le attività di estinzione.

4) FORMARE ALLA PREVENZIONE 
Sono molti i casi in cui gli incendi sono innescati da pratiche scorrette e comportamenti poco accorti. Spesso sono situazioni che nascono per ignoranza e false credenze oppure da consuetudini e tradizioni sbagliate, come l’appiccare piccoli fuochi nei campi con l’errata convinzione di fertilizzare le superfici. Questi casi evidenziano l’importanza della comunicazione e della formazione di tutti gli attori coinvolti come azione preventiva, volta a ridurre dei potenziali inneschi. L’intervento dei professionisti qualificati, quali sono i dottori agronomi e dottori forestali, diventa elemento centrale delle politiche di formazione alla prevenzione, rivolta anche ai cittadini e a chiunque giochi un ruolo sulla manutenzione del territorio, a chi è preposto ad intervenire nelle fasi di emergenza.

5) COORDINAMENTO TRA I LIVELLI OPERATIVI 
Le misure di prevenzione e le successive fasi di estinzione e ricostituzione per essere efficaci necessitano di una forte sinergia, a livello regionale e nazionale, fra i settori dedicati alla previsione, prevenzione, informazione, addestramento, lotta, indagine e ricostituzione post-incendio. L’attuale elevata separazione delle competenze (ripartite fra servizi e agenzie foreste e protezione civile regionali, corpi forestali delle regioni e province autonome, carabinieri forestali, protezione civile nazionale, volontari, vigili del fuoco, enti parco e unioni di comuni) provoca un rallentamento delle azioni, creando disorientamento sia a livello amministrativo sia a livello operativo. La competenza deve rimanere alle Regioni in quanto il governo incendi si realizza in modo efficace ed efficiente a questa scala territoriale. Ma è fondamentale potenziare il dialogo e la condivisione di obiettivi strategici tra i diversi livelli operativi individuando un organo di coordinamento nazionale, che potrebbe essere la Direzione Foreste del MIPAAF, che lavori in stretto contatto con le regioni, il CUFA e i vigili del fuoco.

6) COINVOLGERE LE COMUNITÀ LOCALI 
Il coinvolgimento delle comunità locali è un altro passaggio indispensabile. Nella grande variabilità che caratterizza la gestione delle foreste e degli incendi a livello nazionale esistono già diversi esempi virtuosi da usare come modello da estendere a livello nazionale: i Piani specifici di prevenzione AIB (antincendio boschivo) introdotti dalla Regione Toscana, o il sistema di collaborazione e coinvolgimento delle comunità locali applicato in passato nei parchi nazionali del Pollino e dell’Aspromonte, il corpo volontari AIB del Piemonte, possono essere un utile modello per molte realtà (nelle regioni e province autonome dove ci sono dei corpi volontari AIB l’incidenza degli incendi è diminuita in maniera eccezionale). Parallelamente, occorre investire sulla comunicazione per rendere più efficace e condivisa ogni azione, responsabilizzando gli attori coinvolti così come i residenti, i possessori di seconde case, i turisti e i diversi fruitori degli ambienti naturali.

7) INCENDI, FORESTE E FUTURO DELLE AREE INTERNE
Le foreste in Italia occupano quasi il 40% del territorio incidendo sulla qualità della vita e la sicurezza della maggior parte della popolazione italiana. La copertura forestale italiana, nonostante gli incendi e altre calamità (es. tempesta Vaia), è in continua crescita. Una crescita incontrollata che non sta creando formazioni boschive stabili, ma pioniere, che devono evolvere con stravolgimenti del territorio e del paesaggio, avvicinandosi sempre più alle aree abitate. Questo incremento della superficie forestale (circa 50.000 ettari/anno) e della biomassa legnosa aumenta il rischio di incendio (aumenta il combustibile, ma aumenta anche il contatto tra bosco e zone urbanizzate o ad altra frequentazione antropica). Pensare di affrontare, mitigare o risolvere i problemi delle foreste e delle filiere forestali nell’ “invarianza economica” è illusorio quando non è offensivo per chi abita, lavora o frequenta questi luoghi, che si trovano prevalentemente nelle aree montane e interne. I fondi del PNRR potrebbero essere una grande opportunità per valorizzare e mettere in sicurezza il territorio, favorire lo sviluppo sostenibile, la bioeconomia e la nascita di green community e rappresentare un investimento per questa e per le future generazioni trasformando quello che oggi è spesso considerato un problema in un fattore di sviluppo. Una politica seria di prevenzione e lotta agli incendi forestali, inserita in una più generale gestione delle risorse forestali, vuol dire anche educazione per ogni fascia d’età, formazione, coinvolgimento responsabile delle comunità, per evitare che la “distrazione” diventi “disastrosa”, per sbarrare il passo all’incuria, che sempre più domina i nostri paesaggi, e alla criminalità organizzata, al teppismo, alla vendetta e al disagio sociale che si maschera da psicopatologia incendiaria.

8) IL LEGAME COL BOSCO 
Infine, lo strumento principale di prevenzione, lotta e ricostituzione è la conservazione o la creazione di un legame tra le popolazioni locali e il bene bosco. Per valorizzare o creare questo legame, questo capitale relazionale, non servono revisioni della normativa (la 353/2000 è una legge che sta funzionando) o campagne eccezionali di repressione o di rimboschimento ma, al contrario, servono investimenti veri per lo sviluppo del territorio, delle filiere agro-silvo-pastorali, ricerca, strumenti e tecnologie, semplificazione di procedure, politiche fondiarie all’interno di una strategia complessiva definita in condivisione fra gli enti regionali e i ministeri competenti, le popolazioni locali e i portatori di interesse.

Info Autori

Altri Posts

Articoli correlati