Foreste e Resistenza: una riflessione per il futuro nell’80esimo anniversario

Il 25 aprile, Giornata della Liberazione, rappresenta un momento fondamentale per riflettere sulla Resistenza storica contro il nazifascismo. E quest’anno ricorre il suo 80esimo anniversario. 

Tra storia e natura, le foreste italiane raccontano storie di coraggio e speranza, di ieri, di oggi e di domani. Ma che ruolo hanno giocato i nostri boschi durante questo periodo storico? Quali boschi sono simbolo della Resistenza?

La Brigata Garibaldi “Gramsci” usava il Bosco della Martese, nel Parco Nazionale del Gran Sasso in Abruzzo,  come sua base operativa. Qui i partigiani si rifugiavano, si organizzavano e lanciavano azioni contro le truppe nazifasciste. Oggi è un luogo della memoria, con sentieri partigiani e monumenti che ricordano il sacrificio di chi ha combattuto per la libertà. E ancora il Bosco del Vaj nella Valle di Lanzo, vicino a Torino, uno dei teatri delle battaglie partigiane durante la Resistenza piemontese dove ogni anno si svolgono camminate della memoria e celebrazioni il 25 aprile. O l’Altipiano di Asiago, dove molti partigiani si rifugiarono dopo l’8 settembre del 1943, giorno dell’armistizio, area ancor oggi attraversata da percorsi storico-naturalistici.

Ma chissà quanti degli 11,4 milioni di ettari di boschi e foreste, circa il 40% del territorio italiano, hanno assistito a battaglie simbolo della Resistenza.

La Resistenza non fu solo un gesto d’urgenza, nato nella necessità estrema. Fu anche il frutto di una pianificazione paziente e rischiosa: scegliere i luoghi, organizzare i contatti, prevedere le reazioni degli occupanti nazifascisti, costruire reti. Ogni azione, ogni staffetta, ogni messaggio stampato di nascosto si basava su una progettazione collettiva, invisibile ma fondamentale. Resistere significava anche immaginare un futuro diverso e costruirlo insieme, un passo alla volta.

La gestione forestale sostenibile si fonda sugli stessi principi: osservare, conoscere, pianificare. Non ci si limita a tagliare o piantare alberi. Si studia l’evoluzione del bosco, si prevedono le reazioni a eventi climatici estremi, si valutano gli effetti delle azioni sul lungo periodo. Si lavora oggi per avere foreste sane tra venti, cinquanta, cento anni. Anche qui, è un gesto di fiducia nel futuro, e deve essere fatto insieme

Entrambe le esperienze – la Resistenza e la cura dei boschi – ci insegnano che la libertà e la sostenibilità non si improvvisano. Sono il risultato di una volontà lunga, di scelte coerenti, e della capacità di progettare anche quando il contesto è incerto o ostile.

Pianificare è un atto di responsabilità, ma anche di speranza. Come chi, in pieno inverno, prepara il terreno per la primavera. O come chi, tra le nebbie del conflitto o la solitudine di un esilio, prepara nella mente e nel cuore un’idea per una nuova Costituzione.

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